Contrattazione

In sei casi su dieci tirocinio trasformato in rapporto di lavoro, prevale l’apprendistato

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Sono giovani sotto i 35 anni (85% dei casi), nella stragrande maggioranza laureati (70%) o diplomati (26%) in cerca del primo contatto con il mondo del lavoro, e nel 63% dei casi il tirocinio svolto presso l’azienda si è trasformato in un lavoro prevalentemente stabile (nel 53% dei casi lo stage è diventato un apprendistato; in un altro 14% un contratto a tempo indeterminato). Certo, gli stage restano concentrati nelle regioni del Nord (78%), in primis Emilia Romagna, Liguria, Lombardia, Piemonte, Veneto; un po' meno nel Centro-Sud, ma lo strumento, parliamo di tirocini extracurriculari, rappresenta sempre più un importante periodo di formazione e orientamento “on the job” con l’obiettivo di facilitare i giovani nell’ingresso al lavoro, con una corrispondenza quasi totale (94%) tra contenuti dello stage e del progetto formativo.

«Insomma, il tirocinio è uno strumento utile perché serve ad acquisire competenze trasversali e manageriali fondamentali per lavorare in un’azienda», evidenzia Marina Verderajme, presidente di Gidp (Gruppo intersettoriale direttori del personale) e Job Farm, uno dei principali enti promotori di stage in Italia, che oggi, assieme alla Commissione Europea, tracciano un bilancio sui tirocini nel nostro Paese (con dati aggiornati al 2021) a 25 anni dalla loro prima regolamentazione effettuata dal pacchetto Treu del 1997. L’analisi, piuttosto accurata, è stata condotta dallo Sportello Stage di Job Farm, che ha analizzato ben 13.234 questionari compilati da tirocinanti che hanno effettuato un periodo formativo in azienda lo scorso anno (nel 98% dei casi hanno espresso una valutazione “ottima” o “eccellente”) e 10.023 questionari compilati dalle imprese ospitanti.

Ebbene, i risultati sono piuttosto chiari. Nel 2021, nonostante la pandemia, ma anche sfruttando il rimbalzo economico dei primi mesi, i tirocini complessivi avviati sono stati 13.326; e hanno coinvolto soprattutto giovani qualificati, vale a dire ingegneri, economisti, architetti, periti tecnici, diplomati liceali. La durata di un tirocinio extracurriculare varia da tre o sei mesi (una media di 4/5 mesi, prorogabili, ricorrendone i requisiti, fino ad altri 6 mesi). Lo stage è utilizzato principalmente per inserire, in formazione, giovani disoccupati o inoccupati, e solo in minima parte lavoratori senior o svantaggiati.

Anche gli ultimi dati del ministero del Lavoro, relativi ai primi tre mesi dell’anno, lo confermano: i tirocini a favore di disoccupati o inoccupati rappresentano il 77,4% del totale, mentre i tirocini promossi a favore di persone fragili costituiscono il 14,2%. E inoltre, dal 2017 al 2020, il 55,7% dei tirocini extracurriculari si è trasformato in un rapporto di lavoro, e nel 31,5% dei casi con lo stesso datore presso il quale è stato svolto lo stage. Il punto è che fino al 2020, prosegue l’indagine Gidp-Job Farm, il 46% delle trasformazioni era verso un contratto a termine; lo scorso anno, la prevalenza è stata per l’apprendistato (53%) e solo nel 21% a tempo determinato.

«Sono dinamiche che vanno approfondite nei prossimi anni, ma quello che emerge dai dati è che il tirocinio rappresenta un ponte verso l’occupazione - ha aggiunto Verderajme -. In quest’ottica, le norme contenute in legge di Bilancio, che puntano a circoscrivere i tirocini extracurriculari ai soli soggetti con difficoltà di inclusione sociale e a introdurre nuovi vincoli e burocrazia, ci preoccupano molto perché limiterebbero fortemente lo strumento. Più che un approccio repressivo, è preferibile puntare a migliorare l’istituto. Suggerisco tre interventi: semplificare le procedure per avviare uno stage, rendere obbligatoria la certificazione delle competenze, che ha una valenza europea, oggi facoltativa e presente in poche Regioni, e inserire premialità per supportare le imprese, specie le pmi, ad accogliere tirocinanti. Quello che auspico, e parlo anche a nome dei capi del personale - ha chiosato Verderajme - è che non prevalga l’ideologia, e non si indebolisca ancor di più il rapporto formazione-lavoro, salvaguardando il tirocinio proprio per aiutare i giovani a conoscere occupazione e aziende».

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