Contrattazione

La formazione che conviene: ai prof una tantum triennale di 6.100 euro

La Ragioneria ha stimato l’impatto dell’incentivo triennale previsto dal decreto 36 e pari al 10-20% dello stipendio. Alle battute finali anche la trattativa sul rinnovo da 90 euro lordi mensili

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Studiare e aggiornarsi conviene. Anche agli insegnanti. A confermarlo è il testo del decreto Pnrr 2 che è stato approvato mercoledì 22 giugno dal Senato e che aspetta ad horas l’ok della Camera per essere convertito in legge. Il provvedimento introduce un sistema di formazione in servizio incentivata - all’inizio volontaria per tutti e poi obbligatoria per i neo-assunti - che rappresenta un primo embrione di carriera per la classe docente. E che potrebbe portare nelle tasche dei prof, a partire dal 2026, un’una tantum triennale di 6.100 euro medi lordi. Una buona notizia sul fronte retributivo per il mondo della scuola, in attesa che si sblocchi l’impasse sul rinnovo del contratto scaduto da oltre due anni, da cui sono attesi aumenti mensili lordi di 90 euro.

L’introduzione di un meccanismo di formazione incentivata per i professori di infanzia, primaria, medie e superiori - che si va ad aggiungere a quella obbligatoria sulle competenze digitali e l’uso critico e responsabile degli strumenti digitali, anche con riferimento al benessere psicofisico degli allievi con disabilità e ai bisogni educativi speciali, nonché le pratiche di laboratorio e l’inclusione risalente ai tempi della Buona Scuola e aggiornata dal Dl 36 - è una delle novità più rilevanti contenute nel decreto. Ma è anche una delle più avversate dai sindacati. Se non altro perché rappresenta l’altra faccia del taglio di 9.650 posti (sostegno escluso) previsto nel provvedimento a partire dal 2026/27 per far fronte alla riduzione di alunni prodotta dal calo demografico (nei prossimi 10 anni perderemo circa 1,4 milioni di studenti, secondo gli ultimi calcoli del governo). L’uno (il taglio dell’organico dell’autonomia ed eventualmente di potenziamento) serve a coprire l’altro (l’incentivo ai prof che si aggiornano calcolato in una quota tra il 10 e il 20% dello stipendio).

A stimarne un primo possibile impatto è la relazione tecnica al maxi-emendamento su cui Palazzo Madama ha votato la fiducia al governo la settimana scorsa. Il conteggio parte dalla media ponderata del trattamento stipendiale dei docenti, che viene fissata a 40.669 euro; dopodiché si ipotizza di conferire l’elemento retributivo una tantum nella misura percentuale del 15% (valore medio tra il 10 e il 20 % stabilito dalla norma) del trattamento stipendiale, corrispondente a 6.100 euro. Ogni triennio visto che il meccanismo di aggiornamento in via d’introduzione avrà cadenza triennale. Il passaggio successivo porta a stimare la platea di diretti interessati. Si parte da 6mila e passa insegnanti nel 2026 e si sale progressivamente: 13.934 nel 2027, 26.230 nel 2028, 38.689 nel 2029 e così via fino al 2031. Con una postilla importante: il numero di beneficiari potrà cambiare in base alla percentuale tra il 10 e il 20% che si deciderà di applicare, ma dovrà avvenire a risorse finanziarie invariate. Essendo anche venuta meno la fase transitoria citata dal testo iniziale del Dl che proponeva di limitare l’incentivo al 40% della platea coinvolta. Il tutto, altra nota importante, sarà deciso dalla contrattazione collettiva. Avrà l’una tantum chi supererà il percorso formativo (sono previste valutazioni intermedie e una finale).

L’auspicio dell’esecutivo è che l’una tantum sia selettiva. L’aumento “generalizzato” arriverà con il Ccnl “ponte”. Con i 2,1 miliardi a disposizione si arriva a riconoscere al corpo docente un incremento del monte salari 2018 del 3,87 per cento. Parliamo cioè di circa 90 euro medi di incremento lordo mensile, in pratica 50-55 euro netti. Il prossimo incontro all’Aran con i sindacati è in calendario domani ma vista l’aria che tira, anche alla luce dei tagli d’organico rimasti nel Dl, non è delle migliori.

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