Contrattazione

Periodo di prova fissato a sei mesi e niente replica in caso di rinnovo

Il decreto Trasparenza introduce tante significative novità su alcuni istituti importanti del diritto del lavoro.

Il primo di questi è il periodo di prova: prevede il decreto (articolo 7) che, ove sia è previsto, il periodo di prova non può essere superiore a sei mesi, salva la durata inferiore prevista dalle disposizioni dei contratti collettivi.

Per i rapporti di lavoro a tempo determinato il periodo di prova è stabilito in misura proporzionale alla durata del contratto e alle mansioni da svolgere. Viene precisato un concetto che dovrebbe già essere scontato: in caso di rinnovo per lo svolgimento delle stesse mansioni, il rapporto di lavoro non può essere soggetto ad un nuovo periodo di prova.

Si precisa, infine, che in presenza di eventi che interrompono legittimamente il rapporto – in particolare, malattia, infortunio, congedo di maternità o paternità obbligatori - il periodo di prova è prolungato in misura corrispondente alla durata dell’assenza.

Un’altra norma importante riguarda la possibilità per un lavoratore subordinato di cumulare più rapporti di lavoro; secondo l’articolo 8, fatto salvo il divieto di concorrenza, il datore di lavoro non può vietare al lavoratore lo svolgimento di altra attività lavorativa in orario al di fuori della programmazione dell’attività lavorativa concordata.

Questa regola trova eccezioni solo in presenza di alcune specifiche condizioni (pregiudizio per la salute e la sicurezza, necessità di garantire l’integrità del servizio pubblico, conflitto d’interessi pur in assenza di violazioni del dovere di fedeltà). La stessa regola viene prevista per i committenti nell’ambito dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Un’altra disposizione (articolo 9) rilevante è quella sulla cosiddetta “prevedibilità minima del lavoro”: qualora l’organizzazione del lavoro sia interamente o in gran parte imprevedibile, il datore di lavoro non può imporre al lavoratore di svolgere l’attività lavorativa, salvo casi specifici, e il lavoratore ha il diritto di rifiutare di rendere la prestazione, senza subire alcun pregiudizio anche di natura disciplinare.

Un’altra norma (articolo 10) stabilisce in favore del lavoratore che abbia maturato un’anzianità di lavoro di almeno sei mesi presso lo stesso soggetto e che abbia completato l’eventuale periodo di prova, la facoltà di chiedere che gli venga riconosciuta una forma di lavoro con condizioni più prevedibili, sicure e stabili, se disponibile.

Non c’è un obbligo di accettare tale richiesta, ma entro un mese il datore di lavoro o il committente devono fornire una risposta scritta motivata.

L’articolo 11 si occupa della formazione obbligatoria, stabilendo che quando il datore di lavoro è tenuto a erogarla, il tempo impiegato va considerato come orario di lavoro.

Sono previste, infine, delle regole di natura procedurale per rafforzare l’applicazione del decreto (possibilità di promuovere il tentativo di conciliazione o l’arbitrato, sanzioni amministrative per l’adozione di comportamenti di carattere ritorsivo, compreso il licenziamento).

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