Contrattazione

Via libera dell’europarlamento alla disciplina sul salario minimo

di Beda Romano

Il Parlamento europeo ha approvato ieri in via definitiva la direttiva che introduce nell’Unione europea il principio del salario minimo. Il provvedimento ha ottenuto 505 voti favorevoli, 92 contrari e 44 astensioni. Il testo, che sarà approvato anche dal Consiglio nel corso di questo mese, assume un’importanza particolare in un contesto inflazionistico, anche se non costringe i Paesi attualmente non dotati di salario minimo a introdurlo in quanto tale nella loro legislazione.

L'obiettivo è di garantire «un livello di vita decente», si legge nella direttiva. Quest’ultima non prevede un livello preciso di stipendio minimo, lasciando piena libertà ai paesi membri. Il compromesso raggiunto tra i Ventisette così come tra il Consiglio e il Parlamento introduce regole vincolanti per i 21 Paesi che attualmente hanno un salario minimo, imponendo maggiore trasparenza nella determinazione dello stipendio (si veda Il Sole 24 Ore del 7 giugno).

Come detto, nei fatti la direttiva non costringe i Paesi che tuttora non hanno un salario minimo a introdurlo nella loro legislazione (articolo 1, comma 3 e 4). Questi sono l’Austria, Cipro, la Danimarca, la Finlandia, la Svezia e l’Italia. Va ricordato, comunque, che l’Italia con la contrattazione collettiva ha già un sistema di garanzie strutturato. Nel testo concordato, viene introdotto l’obbligo per i Paesi di istituire un sistema di monitoraggio affidabile, nonché controlli e ispezioni, per contrastare i subappalti abusivi, il lavoro autonomo fittizio o gli straordinari non registrati.

Per quanto riguarda la fissazione dei salari minimi, i Paesi europei potranno utilizzare vari valori di riferimento, come per esempio il 60% del salario mediano lordo o il 50% del salario medio lordo.

In un contesto inflazionistico e mentre la crisi energetica sta provocando un forte aumento delle bollette elettriche, l'iniziativa europea è stata salutata con favore in vari ambienti politici. «Il lavoro deve tornare a essere remunerato», ha detto la socialista olandese Agnes Jongerius. Spiegava ieri il Parlamento che «la contrattazione collettiva a livello settoriale e interprofessionale è un elemento essenziale per determinare salari minimi adeguati e, pertanto, deve essere promossa e rafforzata sulla base delle nuove regole».

In questo senso, gli Stati membri, in cui meno dell’80% dei lavoratori è interessato dalla contrattazione collettiva, dovranno - congiuntamente alle parti sociali - stabilire un piano d’azione per aumentare questa percentuale.

Chi in Italia chiede un salario minimo ha così trovato una utile sponda per fare campagna elettorale in tal senso. I salari minimi più elevati sono presenti oggigiorno in Lussemburgo (2.202 euro), in Irlanda e in Germania; quelli più bassi in Bulgaria (332 euro), Lettonia ed Estonia. Una volta giunta l'approvazione definitiva del Consiglio, i Ventisette disporranno di due anni di tempo per conformarsi alla direttiva, che si applicherà a tutti lavoratori con un contratto o un rapporto di lavoro.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©