Contrattazione

Sul fisso le donne guadagnano in media più degli uomini

di C.Cas.

Le donne con ruoli esecutivi apicali non hanno ancora raggiunto numeri significativi, ma «quando arrivano a ricoprire queste posizioni, non subiscono differenze tra i loro pacchetti retributivi e quelli dei colleghi uomini – sostiene Miriam Quarti, senior consultant e responsabile dell’area Reward&Engagement di ODM Consulting. – Questo vale anche per la componente variabile: per entrambi i generi è prevista una componente sia di breve sia di medio-lungo periodo, con un valore target mediamente compreso tra il 35% e il 50% della remunerazione fissa per il variabile di breve e un valore target mediamente pari ad una annualità, un’annualità e mezzo nel triennio, ossia il 33,3%, 50% su base annua, per il variabile di medio-lungo periodo». Dall’analisi della remunerazione fissa del ruolo di ceo non risultano sostanziali differenze di genere. Anzi, dalla media di quanto emerge dalle 200 relazioni per la remunerazione considerate da ODM consulting, il trattamento retributivo è più elevato per le donne. La media assoluta per l’uomo è infatti di 661.688 euro, per le donne 694.077 euro. E anche sul variabile non si riscontrano sostanziali differenze.

Certo è che parliamo di numeri ancora molto piccoli. Analizzando nel dettaglio i dati la quota di donne che ricopre un ruolo esecutivo, ossia amministratore delegato, direttore generale, presidente esecutivo, è ancora molto bassa. Del 40% di presenza femminile nei CdA solo il 6% risulta ricoprire un ruolo esecutivo, pari a circa il 2% del totale dei membri del CdA. In particolare, fatto 100 il numero di ad, la percentuale di donne che ricopre questo ruolo è pari a circa il 5%. Un particolare: le ad sono prevalentemente in aziende di grandi dimensioni dell’industria.

Dietro il lento cambiamento e «l’aumento della presenza delle donne nei CdA delle aziende quotate (circa 40%)», c’è l’applicazione della legge Golfo-Mosca (Legge n. 120/2011) che prevedeva che «almeno un terzo delle quote dell’organo sociale fosse destinato al genere meno rappresentato, aggiornata con la Legge n. 160/2019 che ha elevato la quota ai due quinti dell’organo. Tuttavia, la presenza di donne all’interno dei CdA rimane per lo più legata a ruoli non esecutivi e indipendenti», osserva Quarti.

A 10 anni di distanza dalla Legge Golfo-Mosca, è stata poi aggiornata la normativa contenuta nel Codice delle Pari Opportunità del 2006, per rafforzare la tutela della parità di opportunità tra uomo e donna in ambito lavorativo. In particolare è stata specificata la nozione di discriminazione, includendo qualsiasi fonte di svantaggio o limitazione, che sia motivato da stato di gravidanza, di maternità o paternità e dall’esercizio dei relativi diritti. Inoltre è stato anche esteso l’obbligo di redazione, con cadenza biennale, di un rapporto sulla situazione del personale maschile e femminile a tutte le aziende, private o pubbliche, con più di 50 dipendenti. A questo si aggiunga che è stata introdotta, a partire dal 1° gennaio 2022, la Certificazione della Parità di Genere (si veda Lavoro24 del 28 settembre), per attestare, tra l’altro, le politiche e le misure concrete adottate dai datori di lavoro per ridurre il divario di genere nelle opportunità di crescita in azienda, la parità salariale a parità di mansioni, le politiche di gestione delle differenze di genere e la tutela della maternità. «La Legge Golfo-Mosca e la certificazione UNI/PdR hanno in comune la definizione di specifici kpi quantitativi sulle politiche di parità di genere nelle organizzazioni - osserva Quarti -. Si auspica, a fronte di una spinta al monitoraggio di specifici obiettivi inerenti una serie di macro-aree di ridurre il gender gap attraverso l’implementazione in azienda di processi e strumenti guidati dal principio di equità».

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