Previdenza

Sui requisiti per gli ammortizzatori sociali occorre tener conto delle attività discontinue

di Mario Fusani

Le prestazioni discontinue o di durata limitata nel tempo, a parità di quantità lavorativa rispetto a prestazioni distribuite con maggior omogeneità, possono dare origine a trattamenti previdenziali ed assistenziali completamente differenti.

La equiparazione del trattamento, invece, potrebbe ben assecondare le necessità della azienda, che otterrebbe prestazioni maggiormente flessibili in relazione alle punte di necessità e consentirebbe al lavoratore di raggiungere, più agevolmente, il medesimo risultato (Aspi, mini Aspi, o il nuovo istituto più egualitario che dovesse risultare dalle deleghe previste, qualora il Jobs Act dovesse essere definitivamente approvato).

La direttiva Ue in materia, recepita dalla Legge 66/03, infatti, ha ancora una applicazione assolutamente tradizionalista, nel senso che viene costantemente interpretata nel senso di disporre un orario pressoché fisso e omogeneo nel tempo. Le 40 o le 38 ore settimanali, sono infatti, “la norma”.

In realtà la legge in questione pone dei limiti al contrario, in quanto, dando un indirizzo verso un orario normale giornaliero non superiore alle 8 ore, determina che fra un turno giornaliero e il successivo debbano intercorrere almeno 11 ore di riposo e che settimanalmente ci debbano essere almeno 24 continuative di altrettanto riposo.

È legittimo quindi, operare su un nastro di disponibilità di 13 ore per sei giorni lavorativi.

Se coniughiamo questo nastro con l'altro vincolo normativo il quale impone che la media delle prestazioni lavorative sul quadrimestre (dilatabile fino all'anno) debba essere al massimo di 48 ore, abbiamo una possibilità di effettuare una prestazione lavorativa che può essere concentrata nei periodi di massima necessità. Inoltre, la relativa sovraprestazione potrà essere compensata con periodi di minore o assente prestazione lavorativa.

Anche l'interesse del lavoratore potrebbe vedere una considerevole serie di benefici derivanti dall'applicazione di questo meccanismo.

Ma il beneficio maggiore per il lavoratore, potrebbe consistere proprio nel beneficio previdenziale.

In particolare, l'accreditamento delle giornate lavorative, ai fini previdenziali, risultante dalla sommatoria delle ore quotidianamente prestate oltre l'orario giornaliero contrattuale, dovrà essere ritenuto utile al fine del computo delle prestazioni minime necessarie, ad esempio per la maturazione della mini Aspi o dell'Aspi stessa.

Ciò potrà valere, altrettanto, in tutti i sistemi, discontinui in cui è necessaria una prestazione minima in termini di giornate lavorative annue.

Un ulteriore effetto positivo potrà, inoltre, derivare dal fatto che una prestazione resa con tali modalità, oltre ad essere maggiormente efficiente, per l'azienda, porterà anche a maggiori risparmi indotti dell'efficientamento della struttura organizzativa, generando maggiori disponibilità economiche che potrebbero andare a beneficio di tutte le parti, azienda e lavoratori.

Questi potrebbero essere ancor più accresciuti dalla determinazione di tali meccanismi, congiunti agli aspetti economico-retributivi, nell'ambito della contrattazione di prossimità (nelle sue varie forme), che avrebbe anche il pregio di portare con sé ulteriori benefici sul fronte del costo contributivo, previdenziale e fiscale, con la conseguente riduzione della media del “costo azienda” del lavoro.

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