Previdenza

L'Inps non «svaluterà» le pensioni

di Vitaliano D'Angerio e Giorgio Pogliotti

L'Inps “congela” l'impatto negativo dell'andamento del Pil per non penalizzare le pensioni. Con il tasso di capitalizzazione dei montanti contributivi negativo (-0,1927%), se si applicasse in modo automatico il meccanismo previsto dalla riforma Dini, invece di una rivalutazione si avrebbe una svalutazione delle pensioni.

In una lettera annunciata nei giorni scorsi (anticipata dal Sole–24 ore di ieri), che è stata inviata ieri al ministero del Lavoro e a quello dell'Economia, il direttore generale Mauro Nori fa sapere che «salvo contrario avviso di codesti ministeri», nell'ipotesi di variazione negativa della media quinquennale del Pil, l'Istituto previdenziale «non procederà ad alcuna rivalutazione dei contributi accreditati», limitandosi a «considerare il valore nominale dei contributi accreditati». Per determinare il tasso di capitalizzazione, in base alla legge 335 del 1995, si prende come riferimento la media del Pil nominale calcolata dall'Istat nei cinque anni che precedono l'anno da rivalutare. Che in questo caso però sono stati caratterizzati da un lunga recessione, scontando il -5,5% del 2009. Il problema con ogni probabilità non riguarderebbe solo i pensionati a partire dal 1° gennaio 2015, ma anche nel 2016, visto che difficilmente si riuscirà a recuperare il terreno perso durante la crisi. «A fronte della crisi economica – si legge nella lettera – e considerata la prolungata fase depressiva connessa peraltro ad una situazione di stagflazione, il meccanismo basato su rendimento quinquennale del Pil nominale e della rivalutazione conseguente del montante contributivo, non garantisce un rendimento positivo». Il risultato di un'applicazione automatica del meccanismo della legge Dini è che 10mila euro versati si tradurrebbero in 9.980 euro. Di qui la decisione dell'Inps di non procedere né ad una svalutazione e neanche ad una rivalutazione, riconoscendo il valore normale accreditato. «A fronte di un tasso di capitalizzazione inferiore a 1 – continua la lettera – certamente non vi può essere rivalutazione del contributo accreditato, ma neppure può dedursi una possibile svalutazione del contributo nominale accreditato».

Per sostenere questa tesi l'Istituto – che ha come commissario straordinario Tiziano Treu – utilizza anche tre sentenze della Corte Costituzionale (427 del 1997 e 201 e 432 del 1999). La Consulta ha affermato il principio che «nella fase successiva al perfezionamento del requisito minimo contributivo, l'ulteriore contribuzione (obbligatoria, volontaria, figurativa) è destinata unicamente a incrementare il livello di pensione già consolidatosi, senza mai poter produrre l'effetto opposto di compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata in itinere».

La conclusione alla quale giunge l'Inps è che sarebbe «singolare e presumibilmente contrario ai principi costituzionali» che in base ad una interpretazione del criterio di rivalutazione, «il valore della contribuzione obbligatoria versata fosse considerato inferiore al valore nominale accreditato».

La parola adesso passa al ministero del Lavoro e a quello dell'Economia, che ieri si sono riuniti per esaminare il dossier, ma già nei giorni scorsi fonti della Ragioneria avevano segnalato il tema delle coperture finanziarie.

Intanto si allarga il fronte delle Casse previdenziali contrarie all'utilizzo della serie storica del Pil per la rivalutazione delle pensioni. Anche Enpapi, l'ente degli infermieri professionisti, ha annunciato che sta valutando di chiedere ai ministeri una modifica del tasso di capitalizzazione come hanno già fatto gli agrotecnici. Altre Casse di previdenza sono in attesa di queste modifiche: consulenti del lavoro (Enpacl) e ingegneri e architetti (Inarcassa) hanno già presentato domanda ai dicasteri di Economia e Lavoro. Presto lo faranno anche psicologi (Enpap) e periti industriali (Eppi). A rafforzare tali richieste, la recente sentenza del Consiglio di Stato che ha dato via libera alla riforma della Cassa degli agrotecnici (Enpaia) bocciata invece dai ministeri vigilanti.

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