Previdenza

Invalidità civile e reddito della casa di abitazione

di Silvano Imbriaci

Le condizioni economiche richieste per la concessione di provvidenze ai mutilati e agli invalidi civili (in particolare per la pensione di cui all'articolo 12 della legge 118/1971 e l'assegno di cui al successivo articolo 13) sono quelle previste dall'articolo 3 della stessa legge, nella parte in cui tale disposizione ha riscritto, tra l'altro, i primi tre commi dell'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153 in materia di computo dei redditi ai fini dell'erogazione della pensione sociale, indicando espressamente l'esclusione del reddito della casa di abitazione. È questo il principio espresso dalla Cassazione in alcune recentissime pronunce (Cass. Sez. Lavoro, 9 marzo 2015, n. 4674 e Cass., Sez. Lavoro, 22 dicembre 2014, n. 27251) in materia di concessione di prestazioni di invalidità civile originate da vicende nelle quali non era in contestazione il requisito sanitario, quanto, appunto, il requisito reddituale necessario per l'ammissione al trattamento. Le prestazioni erogate agli invalidi civili, ai ciechi civili e ai sordomuti, rapportate al loro grado di invalidità, devono tener conto di determinati limiti reddituali, eccetto che nel caso di indennità di accompagnamento per ciechi e invalidi civili, di indennità di comunicazione per i sordomuti e di indennità per i ciechi ventesimisti, per le quali tali limiti non sono contemplati. Occorre precisare che, in via generale, la tendenza della giurisprudenza (e ancor prima del legislatore) in materia è sempre stata caratterizzata da un complessivo inasprimento dei limiti di reddito; si veda ad esempio l'articolo 14 septies del Dl n. 30/1974, convertito nella legge 33/1980 («i limiti di reddito […], sono elevati a L. […] annui, calcolati agli effetti dell'Irpef e rivalutabili annualmente secondo gli indici di valutazione delle retribuzioni dei lavoratori dell'industria, rilevate dall'Istat agli effetti della scala mobile sui salari»), norma centrale in materia di computo dei redditi dei familiari nella concessione delle provvidenze economiche di cui trattasi, nella quale si prevede tra le altre cose un'esplicita modifica della rilevanza dei redditi riferita al solo assegno di assistenza “…da calcolare con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il soggetto interessato fa parte”.
Nella vicenda in esame, l'Inps ritiene che non possa farsi applicazione della regola secondo cui, ai fini delle detrazioni per carichi di famiglia, il reddito complessivo è assunto al netto del reddito dell'unità immobiliare adibita ad abitazione principale e di quello delle relative pertinenze (attualmente contenuta nell'articolo 12 del Dpr 22 dicembre 1986, n. 917, e introdotta dall'art. 2, comma 28 della legge 24 dicembre 2003, n. 350, norma che aveva modificato l'art. 11, comma 1 bis, secondo periodo, del Testo Unico imposte sui redditi). Tale norma, infatti, non potrebbe applicarsi, nella tesi dell'ente previdenziale, al di fuori degli stretti ambiti della determinazione dell'imposta in ambito fiscale e quindi non sarebbe esportabile al diverso settore della valutazione dei redditi in ambito previdenziale, nel quale, peraltro, non vi è una corrispondente disposizione. Tuttavia la Cassazione segue una strada diversa. L'articolo 8 della legge n. 114/1974 (di conversione del Dl 30/1974) stabilisce che le condizioni economiche per l'attribuzione dell'assegno di invalidità e della pensione di inabilità civile sono quelle stabilite dall'articolo 3 della stessa legge per la concessione della pensione sociale (articolo 26, legge 30 aprile 1969, n. 153), e la stessa norma (articolo 26) esclude dal computo del reddito rilevante gli assegni familiari ed il reddito della casa di abitazione. Le disposizioni che successivamente hanno introdotto ulteriori limiti nel calcolo di tali redditi (cfr. art. 14 septies cit.) non hanno mai modificato la disposizione che esclude dal computo dei redditi rilevanti la casa di abitazione. Secondo la Cassazione non rileva, in senso contrario, la disposizione di cui al Dm 31 ottobre 1992, n. 533 (articolo 2, secondo cui nella dichiarazione reddituale annuale debbono essere denunciati, al lordo degli oneri deducibili e delle ritenute fiscali, i redditi di qualsiasi natura, assoggettabili all'Irpef o esenti da detta imposta). Infatti, sotto questo profilo, la casa di abitazione non costituisce un onere deducibile, quanto un reddito.

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