Previdenza

Ripristino contributi: richiesta anche dopo la reiscrizione

di Mauro Pizzin

Per affermare che una norma di legge ha introdotto un termine di decadenza all’esercizio di un diritto è necessario non già che tale previsione sia esplicita, potendo essa desumersi anche in via interpretativa, ma che essa sia inequivoca.

È sulla base di queste motivazioni, ossia ricalcando i principi più volte sanciti dalla giurisprudenza di legittimità, che la Corte di cassazione, con la sentenza numero 7517/17, depositata ieri, ha messo la parola fine ad un contenzioso che si era aperto fra la Cassa nazionale di previdenza e assistenza dei dottori commercialisti ( Cnpadc ) e un professionista.

Quest’ultimo aveva fatto ricorso contro la Cassa privata dopo che l’ente previdenziale aveva respinto la sua domanda di “ ripristino ” del periodo di anzianità contributiva per il periodo che andava dal 1° luglio 1973 al 31 dicembre 1986 e per il quale il professionista aveva ottenuto il rimborso nel 1987.

Il ricorso del ricorrente era stato respinto prima dal Tribunale di Firenze e in secondo grado dalla Corte d’appello del capoluogo toscano, per la quale la regola stabilita dalla legge 21/86 di riforma della Cassa nazionale di previdenza e assistenza a favore dei dottori commercialisti (all’articolo 21, comma 3) andava intesa nel senso che il ripristino doveva essere richiesto al momento della nuova iscrizione, evincendosi dall’interpretazione logica e complessiva della norma e ciò anche per la necessità di evitare alla Cassa un eccessivo dispendio di risorse.

Una valutazione, quella del giudice di secondo grado, che non viene fatta propria dalla Cassazione, secondo cui la contestualità tra domanda di reiscrizione e domanda di ripristino non solo non è prevista dalla legge 21/86, ma non si può ricavare neppure indirettamente dalla disposizione che stabilisce la rivalutazione della somma relativa ai contributi rimborsati «per il periodo dall’anno di rimborso fino all’anno di reiscrizione», presente nel comma 3 della norma in esame e che prevede una maggiorazione «degli interessi al tasso del 10% a decorrere dalla data dell’ottenuto rimborso». Secondo i giudici di legittimità quest’ultima disposizione si occupa, infatti, da un lato di un aspetto diverso, che attiene al quantum della somma oggetto di restituzione, e, dall’altro, consentendo il rimborso rivalutato nell’anno della reiscrizione, «contraddice espressamente la tesi della contestualità dell’esercizio della stessa facoltà nel momento unico della medesima reiscrizione, erroneamente sostenuta dai giudici di merito».

D’altra parte - chiariscono i giudici di legittimità - la conferma dell’esistenza di una lacuna normativa sulla contestualità tra reiscrizione e ripristino nel momento in cui la domanda del professionista era stata rigettata è confermata indirettamente dalla previsione espressa della contestualità introdotta dalla stessa Cassa commercialisti in un periodo successivo, ossia con successivo regolamento datato 2004.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©