Previdenza

La ricollocazione passa dall’agenzia

di Barbara Ganz

Si chiama Elena Perbellini ed è la prima, in Italia, assunta con un contratto a tempo determinato di sei mesi in somministrazione grazie all’Assegno di ricollocazione, misura nazionale di politica attiva del lavoro partita da poche settimane in via sperimentale. L’assegno, che può valere fino a 5mila euro, serve a ottenere un servizio personalizzato da agenzie del lavoro o centri per l’impiego (che lo riscuoteranno solo in caso di obiettivo raggiunto); altri contratti potrebbero essere firmati già oggi in altre regioni come l’Abruzzo. Elena, 47 anni, è andata ieri al suo primo giorno di lavoro a Verona, città in cui vive; per lei, seguita da Umana, il ricollocamento viene dopo un fermo durato quasi due anni. A marzo ha ricevuto la prima lettera dall’Anpal (Agenzia nazionale per le politiche attive), a metà aprile il primo contatto con Umana, filiale di Verona, e la settimana scorsa il primo colloquio con uno degli operatori. Un primo passo verso una ricollocazione che cercava da tempo.

L’Anpal ha inviato circa 30mila lettere di avviso ad altrettanti disoccupati, individuati fra i percettori di Naspi da almeno 4 mesi. I destinatari sono liberi di aderire a questa misura, e possono rivolgersi a uno dei soggetti accreditati a livello nazionale e regionale. Nel caso specifico Umana, attiva sul fronte Politiche attive con 84 operatori e coordinatori, ha dedicato 40 professionisti alla gestione dell’assegno ed è accreditata con 77 filiali (sulle 129 presenti in Italia) in 12 Regioni in ambito nazionale. Sono complessivamente un migliaio le persone che hanno aderito all’iniziativa in ambito nazionale (un centinaio quelle che hanno scelto Umana quale soggetto erogatore). Con circa 20 di queste Umana ha già sottoscritto il Patto di ricerca intensiva (PRI), e per loro si stanno costruendo percorsi di inserimento. «L’assegno di ricollocazione è una misura di Politiche attive alla quale Umana ha voluto credere – spiega Maria Raffaella Caprioglio, presidente –. Crediamo che il percorso sia, anche in questa fase di attivazione sperimentale, un ulteriore segno di svolta, certamente migliorabile, verso quel passaggio anche culturale che guarda alla tutela dell’occupabilità e non alla tutela dell’occupazione. Ogni persona disoccupata dovrà attivarsi per costruire insieme agli operatori professionali coinvolti un percorso verso un nuovo lavoro».

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