Previdenza

Fondi pensione in aiuto a chi perde il lavoro

di Maria Carla De Cesarie e Matteo Prioschi

Doppia manovra sulla previdenza complementare. Con la legge sulla concorrenza si cercano nuove adesioni e risorse, attraverso la flessibilità nel versamento del Tfr, che può essere anche una parte rispetto all’importo maturando. Nello stesso tempo i fondi possono diventare sempre più strumenti d’aiuto per i lavoratori che restano disoccupati.

La legge sulla concorrenza, approvata in via definitiva dal Senato mercoledì, prevede due misure che possono essere lette come complementari.

Finora il conferimento del Tfr ai fondi pensione nella misura del 100% in caso di assenso è stato vissuto più come spauracchio che come opportunità. D’ora in poi i contratti e gli accordi collettivi, anche aziendali «possono anche stabilire la percentuale minima di Tfr maturando da destinare a previdenza complementare. In assenza di tale indicazione il conferimento è totale». Dunque, si potrà decidere che il minimo è il 5% oppure il 10% oppure il 30 a seconda della realtà aziendale o di settore.

L’altro intervento deciso dalla legge sulla concorrenza riguarda l’anticipo della rendita a quanti sono rimasti senza lavoro da almeno 24 mesi, anche se mancano alcuni anni alla maturazione dei requisiti per la pensione. Il pagamento della rendita, su richiesta dell’iscritto, può avvenire cinque anni prima dei termini “ordinari” per la pensione obbligatoria (vecchiaia o anticipata), con la possibilità che gli statuti e i regolamenti dei fondi arrivino a un anticipo fino a dieci anni.

La rendita è definita «temporanea»: per quanto riguarda la tassazione l’aliquota potrebbe essere quella del 15%, con lo sconto per chi vanta anzianità superiore a 15 anni, ma su questo punto probabilmente servirà un chiarimento del ministero dell’Economia.

Finora il decreto legislativo 252/2005, che regola la previdenza complementare, prevedeva per il pagamento anticipato a fronte di un periodo di inoccupazione superiore a 48 mesi.

Confermata la possibilità di riscatto parziale della posizione nella misura del 50% di quanto accumulato(stabilita dall’articolo 14, comma 2, lettera b)del decreto legislativo 252/2005) in caso di cessazione dell’attività lavorativa con inoccupazione da almeno 12 mesi, o in caso di procedure di mobilità e cassa integrazione.

Con gli interventi della legge sulla concorrenza la previdenza complementare diventa, a tutti gli effetti, una tessera del sistema degli ammortizzatori sociali, forse deviando da quello che era la mission definita in passato, cioè quella di costituire una integrazione della pensione soprattutto nel momento in cui il primo pilastro subisce l’erosione nella misura delle prestazioni per il passaggio al calcolo contributivo pro rata dal 1996 (per quanti il 31 dicembre 1995 avevano meno di 18 anni di contributi) e dal 2012 (per quanti al 31 dicembre 1995 avevano più di 18 anni di contributi).

Si tratta di un ulteriore passaggio rispetto allo schema, per ora sperimentale, di Ape e Rita, così come prevede la legge di Bilancio 2017, nel cui ambito la previdenza complementare diventa una delle possibilità di «acquistare» tempo per sé e arrivare prima al pensionamento, con un anticipo fino a 43 mesi rispetto all’età ordinaria della vecchiaia, avendo accumulato almeno 20 anni di contributi (si veda anche l’articolo sotto).

La legge sulla concorrenza contiene poi altre misure minori di raccordo: in caso di invalidità viene confermato il divieto di riscatto nel quinquennio antecedente la pensione, periodo che può ora essere esteso fino a 10 anni. In tale arco di tempo si può chiedere l’assegno mensile “coperto” con la rendita anticipata.

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