Previdenza

Allarme di Boeri: senza alzare l’età assegni più bassi

di Davide Colombo

Rimettere in discussione lo stabilizzatore automatico della spesa previdenziale che adegua i requisiti di pensionamento (vecchiaia, anticipata e assegno sociale) all’aspettativa di vita sarebbe «pericolosissimo». Lo ha ribadito ieri il presidente dell’Inps, Tito Boeri, dopo le reazioni che hanno fatto seguito alla pubblicazione del rapporto annuale sulla spesa pensionistica, sanitaria e per le cure assistenziali della Ragioneria generale dello Stato. Se nel report della Ragioneria si segnalava una spesa in peggioramento nel periodo di previsione (da qui al 2070), con un picco di 0,7 punti in più nella metà degli anni Quaranta dovuto tra l’altro a più basse stime di crescita economica, ieri il numero uno dell’Inps è tornato a spiegare al Gr1 Rai quanto detto nell’intervista al nostro giornale il 16 luglio scorso. Un intervento sullo stabilizzatore, ha spiegato Boeri, con un blocco dell’età di vecchiaia a 67 anni dal 2021 in avanti, innescherebbe una maggiore spesa per 141 miliardi da qui al 2035. Una spesa quasi interamente destinata a tradursi in aumento del debito pensionistico implicito, dato che l’uscita prima del previsto non verrebbe compensata, se non in minima parte, da riduzioni dell’importo delle pensioni. Un’uscita anticipata - ha poi aggiunto Boeri - determinerebbe pensioni più basse: «Se possono andare in pensione prima, sappiamo che saranno i datori di lavoro stessi a spingerli a ritirarsi prima - ha osservato - a quel punto uscirebbero con delle pensioni più basse» visto il funzionamento del sistema contributivo. Boeri ha fatto infine notare gli effetti sul passato che un eventuale congelamento dei requisiti di pensionamento potrebbe determinare: «Le generazioni che hanno già vissuto questo adeguamento, per esempio con l’aumento dell’età pensionabile di quattro mesi nel 2016, o prima ancora, di tre mesi nel 2013, direbbero: ma perchè noi abbiamo dovuto pagare?»

Tornando al report della Ragioneria, ieri la Uil, con il segretario confederale Domenico Proietti, ha parlato di intervento da cartellino rosso: «non è sua competenza intervenire in materia su cui, invece, sono il Governo e il Parlamento a dover decidere» ha dichiarato aggiungendo che «la Ragioneria finge di ignorare che l’Italia ha la maglia nera tra i paesi Ue per l’età di accesso alla pensione: ecco perché aumentarla ancora sarebbe una vera crudeltà per i lavoratori». Ma critiche sono venute anche da Cisl e Cgil. Maurizio Petriccioli ha ricordato la discussione aperta dal sindacato sul tema dell’età di pensionamento «già oggi tra i più avanzati a livello europeo» osservando come «l’intervento della Ragioneria Generale» su questo «argomento cosi delicato, somiglia molto, con tutto il rispetto, ad un consiglio che le volpi possono dare alle galline per vivere più a lungo. L’esito è scontato». Mentre per Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil, «un ulteriore innalzamento dell’età pensionabile è socialmente insostenibile». Sul tema è tornato anche il presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi (Energie per l’Italia): «Strano rigore - ha scritto in una nota - quello di coloro che paventano disastrosi effetti finanziari per la sola rimodulazione temporale dell’innalzamento a 67 anni dell’età di pensione e poi accettano generose deroghe alla regola vigente sulla base di pressioni corporative o la ideologica estensione alle coppie omosessuali non orientate alla procreazione della pensione di reversibilità».

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