Previdenza

Fondi interprofessionali in cerca di nuove risorse

di Cristina Casadei

C’era una volta un fondo interprofessionale. Era il 2001, appena un anno dopo l’approvazione della legge 388/2000. Nel 2002 i fondi sono diventati 4, nel 2003 8, per arrivare, oggi, a 21 di cui 3 chiusi dopo il commissariamento (Fo.In.Coop., Fond.Agri e Fondazienda), come evidenzia l’ultimo rapporto Inapp sulla formazione continua. Nel 2016 ad aderirvi è quasi un milione di imprese con 10 milioni di lavoratori: il maggiore è Fondimpresa che registra il 19,4% di matricole Inps. A seguire Fondartigianato con il 16,5%, FonArCom con il 16,1% e ForTe con il 12,9%.

Stando alle richieste che arrivano ai bandi lanciati dai Fondi, è un dato di fatto che è sempre più complicato coprirle tutte perché sono sempre molte di più rispetto alle risorse disponibili. I progetti aziendali sulla formazione non mancano. Non si può però dire lo stesso delle risorse dopo il passaggio del contributo dello 0,30% della massa salariale lorda che alimenta i fondi allo 0,19%, a favore in una prima fase degli ammortizzatori sociali e poi della fiscalità generale. A partire dal 2016, secondo una valutazione dell’Inapp, si dovrebbe registrare una stabilizzazione della quota dal momento che è stato reso permanente un prelievo di 120 milioni. Dal 2004 ai Fondi interprofessionali sono stati trasferiti circa 6 miliardi di euro, per una media annuale intorno a 460 milioni all’anno.

La coperta della formazione, già troppo corta, si accorcia. E si accorcia proprio quando ai Fondi viene indicato un ruolo nelle politiche attive e vi sono contratti, come quello dei metalmeccanici, che hanno istituito il diritto soggettivo alla formazione. Il nodo risorse non si può più rimandare. «Negli ultimi mesi è stata indicata ai fondi una strada più larga, con l’ipotetico compito di occuparci delle politiche attive - spiega il presidente di Fondimpresa, Bruno Scuotto -. Se però poi nel frattempo le risorse subiscono prelievi forzosi, se non si tratta più di emergenza e quindi di prelievi straordinari, ma ordinari, allora questo stride. Noi abbiamo l’organizzazione per avere un ruolo nelle politiche attive ma dobbiamo fare i conti con le risorse».

Una riflessione che da molti mesi è all’ordine del giorno anche in Fondartigianato. Dalla presidenza dicono che «sono stati adottati provvedimenti che rischiano di compromettere la prosecuzione e lo sviluppo dei Fondi». Non si può non ricordare da un lato, prosegue Fondartigianato, «il taglio dei contributi» e dall’altro, «sia la mobilità tra Fondi, che porta a meccanismi concorrenziali che non sembrano appropriati con le finalità specifiche di questi strumenti, che l’introduzione della portabilità dei contributi da un Fondo all’altro. Hanno generato uno “spietato” e, in certi casi, sleale antagonismo tra Fondi». Il presidente di Forte, Paolo Arena, aggiunge che «il sistema dei Fondi interprofessionali rappresenta lo strumento più utilizzato per il finanziamento della formazione nelle imprese italiane. Prova ne è il moltiplicarsi delle richieste di finanziamento, il numero dei lavoratori formati e le ore di formazione erogate. Un dato positivo che rischia di non essere riconfermato, in virtù del prelievo sulle quote di risorse destinate ai Fondi previsto dalla legge di stabilità. Nel solo 2016, dei 781 milioni maturati al mese di novembre 2016 quelli destinati propriamente alla formazione continua ammontano a poco più del 62% dell’intero 0,30%, e di conseguenza il contributo destinato alla formazione continua è di fatto diventato dello 0,19%. Risulta di fondamentale importanza far rientrare nella disponibilità dei Fondi le risorse, anche per rispondere adeguatamente alla sfida indotta da “Impresa 4.0”».

Serve ripristinare le risorse evidentemente, ma serve anche, come hanno messo in evidenza alcuni tra gli interlocutori più rappresentativi, il rispetto delle regole che danno maggiore stabilità all’attività dei fondi. In modo che le risorse vadano a vantaggio della formazione. Sempre più specializzata. E quando si parla di specializzazione, spesso si parla di nicchie dove una delle realtà più attive è il Foragri. Il suo direttore Roberto Bianchi, ha aumentato il budget del 90% dalla sua nascita, passando da un milione ai quasi sette milioni di quest’anno. Nell’interpretazione di Bianchi «i fondi devono avere una vocazione di forte specializzazione, al servizio delle imprese. Il nostro settore è attraversato da un grande cambiamento: si pensi soltanto all’agricoltura di precisione, alle mungiture robotizzate, ai sistemi di controllo delle mandrie e ai macchinari che vengono comandati con i satelliti. Tutto questo richiede competenze adeguate».

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