Previdenza

Cigs più lunga per aree di crisi anche nel 2018

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Allungare la durata della cassa integrazione straordinaria nelle aree di crisi complessa anche nel 2018 (l’attuale proroga fino a 12 mesi vale fino a fine anno). Consentire, sempre in via transitoria, ulteriori mesi di Cigs anche alle “aziende a rilevanza nazionale e dal forte impatto occupazionale”, a condizione che siano in corso programmi di riorganizzazione con piani di investimento e prospettive di ripresa. Con l’impegno di formulare in una circolare un’interpretazione più favorevole sulla durata del “quinquennio mobile” ed avviare un monitoraggio sui costi di accesso alla Cigs, aumentati dal Jobs act (con l’idea di un intervento su aliquote o imponibile per contenere le spese). Il tutto accanto a un mini-restyling del Fis, il Fondo di integrazione salariale, introdotto dal governo Renzi per tutelare i lavoratori dei settori non coperti dalla Cig, per consentirne un utilizzo effettivo.

Il ministero del Lavoro, incontrando i sindacati, e nelle more di un intervento organico sulle ristrutturazioni aziendali da introdurre in legge di Bilancio, ha aperto alle prime modifiche di peso del Jobs act: la maggiore flessibilità, anche nel 2018, nell’utilizzo della Cigs nella decina di aree di crisi complessa (come Piombino, Termini Imerese) sarà finanziata con fondi residui; per l’ulteriore allargamento della Cigs alle imprese a rilevanza nazionale invece si utilizzeranno le risorse del Fondo occupazione (si ipotizza una cifra di 100 milioni).

Il dicastero guidato da Giuliano Poletti ha aperto anche alla revisione della normativa sul “Fis”: decollato un paio d’anni fa, il Fondo riceve contribuzione per circa 400 milioni di euro l’anno (in cassa vi sono circa 650 milioni); di questi sono stati prenotati 250 milioni, anche a causa delle complesse procedure burocratiche a carico delle Pmi. Di qui l’idea di “semplificare” alcuni criteri per accedere alla prestazione e riscrivere le regole su assegno ordinario e solidarietà. La proposta è consentire anche alle imprese più piccole l’utilizzo dell’assegno ordinario, e quindi la sospensione anche a zero ore, per situazioni come la mancanza di commesse, o di materie prime.

Per Gugliemo Loy (Uil) «gli interventi allo studio sono primi passi, è poi importante ridurre i costi di accesso alla Cigs». Queste misure transitorie, nei piani dell’Esecutivo, non devono indebolire l’obiettivo di fondo che resta il rilancio delle politiche attive. «Il governo andrà avanti nell’attuazione delle politiche attive nelle crisi aziendali», spiega il capo del team economico di Palazzo chigi, Marco Leonardi. Della stessa opinione è il direttore dell’area lavoro e welfare di Confindustria, Pierangelo Albini, secondo cui «invertire la direzione di marcia non è la soluzione del problema. Meglio, invece, attuare l’accordo del settembre 2016 raggiunto con i sindacati, facendo decollare le politiche attive. È questa la strada per affrontare le riorganizzazioni aziendali ed avere un mercato del lavoro più inclusivo e dinamico».

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©