Previdenza

Ape sociale, accesso a ostacoli

di Giorgio Pogliotti

Si avvicina la scadenza di lunedì, quando l’ Inps concluderà il monitoraggio delle 66mila domande presentate per accedere all’ Ape sociale e per la pensione anticipata dei lavoratori precoci, ma i sindacati sono in allarme perchè a causa di «interpretazioni restrittive» numerose richieste sono respinte (quasi la metà secondo alcuni rumors, ma il dato verrà comunicato dall’istituto di previdenza dopo la conferenza di servizi, intorno al 25 ottobre).

Un dossier dell’Inca-Cgil, elaborato sulle segnalazioni che arrivano dal territorio, cita diversi casi: a proposito dell’accesso all’Ape sociale a 63 anni per i disoccupati a seguito di licenziamento e senza ammortizzatori sociali da almeno 3 mesi. Per l’Inps - lamenta il patronato della Cgil- anche un solo giorno di rioccupazione, retribuito con voucher, successivo a tale periodo, fa perdere il diritto all’Ape sociale, nonostante «tale interpretazione confligga con l’articolo 19 del dlgs 150/2015», secondo cui «sono disoccupati i soggetti privi di impiego che dichiarano al sistema informativo delle politiche del lavoro l’immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa». Secondo il patronato, il lavoratore che abbia reso la propria disponibilità all’attività lavorativa e alla partecipazione alle politiche attive, come vuole la norma, con i requisiti contributivi e anagrafici (63 anni di età e 30 anni di contributi) ha diritto all’Ape sociale.

L’Inps, secondo l’Inca, ha respinto anche le richieste di coloro che, dopo aver percepito l’ammortizzatore sociale, hanno svolto una qualsiasi attività, retribuita al di sotto dei limiti per il mantenimento dello stato di disoccupazione. Per l’Inca si tratta di una «palese contraddizione», perchè l’Ape sociale (articolo 8, dpcm 88 del 23 maggio 2017) è compatibile con la percezione dei redditi da lavoro dipendente o parasubordinato entro 8mila euro annui e da attività di lavoro autonomo entro 4.800 euro annui.

Respinte anche le domande presentate da chi ha versato i contributi in Paesi esteri. Per l’Inca non si rispetta l’articolo 6 del regolamento 883/2004, secondo cui «se uno Stato membro subordina il diritto ad una prestazione alla maturazione di periodi di assicurazione, di occupazione, di lavoro autonomo o periodi di residenza, deve tenere conto dei medesimi periodi maturati sotto la legislazione di ogni altro Stato membro».

L’Inps rispedisce al mittente le accuse: «stiamo applicando le leggi e i regolamenti vigenti a seguito di approfondite istruttorie condotte coi ministeri vigilanti. Proprio di recente grazie ad alcune interlocuzioni con il ministero del Lavoro abbiamo potuto estendere l’Ape sociale a chi ha contribuzione all’estero».

L’allarme è lanciato anche dalla Cisl, che evidenzia numerosi casi di domande respinte per vizi formali: «Chiediamo che eventuali errori procedurali o vizi di forma nella presentazione della domanda - sostiene Maurizio Petriccioli (Cisl) - siano comunicati tempestivamente agli interessati, per consentire di presentare la domanda corretta in tempo utile. Sarebbe gravissimo che, soprattutto in fase di prima applicazione della nuova misura, venisse penalizzato chi ha maturato un diritto per vizi formali».

Il tema verrà sollevato dai sindacati nell’incontro di lunedì con il governo che si terrà al ministero del Lavoro, sul tema delle pensioni. «Ci aspettiamo una risposta alla nostra richiesta di congelare l’adeguamento dell’età pensionabile all’aspettativa di vita, previsto nel 2019», avverte Carmelo Barbagallo (Uil).

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©