Previdenza

Via al decreto che allunga la Cigs nelle aree di crisi

di Claudio Tucci

Il governo approva, salvo intese, il decreto legge che rifinanzia, fino a fine anno, gli ammortizzatori sociali nelle aree di crisi industriale complessa. Sul piatto vengono messi però appena nove milioni di euro (nei giorni scorsi si parlava di una dota più cospicua, una trentina di milioni). Le nuove risorse, che arrivano dal Fondo sociale per occupazione e formazione, serviranno comunque a dare una boccata d’ossigeno a quei lavoratori con la cassa integrazione straordinaria in scadenza a giugno. Le aree di crisi complessa sono, in tutt’Italia, 17, da Porto Marghera, in Veneto, a Gela e Termini Imerese, in Sicilia.

Una fetta consistente dei nove milioni di euro sarà, quasi certamente, utilizzata da Alcoa, lo stabilimento sardo per la produzione di alluminio oggetto di un progetto di rilancio della svizzera Sider Alloys (e con gli ammortizzatori sociali in esaurimento: sono interessati oltre 500 lavoratori).

A confermare la “finalizzazione” dei nuovi fondi, appena terminata la riunione di governo, è stato in un tweet il ministro dello Sviluppo economico, Carlo Calenda: «In Cdm abbiamo rifinanziato ammortizzatori per aree di crisi complessa in Sardegna che aveva terminato risorse. Alcoa». Il titolare del Mise ha poi aggiunto: «Vediamo se entro giovedì riusciamo anche a fare aumento di capitale e riserva 5% per i lavoratori».

Sul decreto non sono mancate frizioni all’interno dell’esecutivo, anche sui requisiti di necessità e urgenza richiesti dalla Costituzione per la decretazione d’urgenza (ciò spiegherebbe la formula utilizzata del via libera «salvo intese»).

È comunque la legge di Bilancio 2018 a consentire possibili deroghe alla concessione, fino al 31 dicembre 2018, di Cigs e mobilità in deroga proprio nelle aree di crisi industriale complessa purché, tuttavia, sussista un «piano di recupero occupazionale».

Calenda, in riferimento alla vertenza Embraco, ha anche annunciato di aver firmato il provvedimento per far partire il “Fondo anti-delocalizzazioni” che avrà una dotazione iniziale di 200 milioni di euro. Il Fondo è stato concepito per il contrasto a fenomeni di delocalizzazione produttiva, intesi come trasferimento dei processi produttivi in altri Paesi «al fine di acquisire maggiori margini di competitività in termini di costo e/o di fiscalità». Con l’obiettivo di «sostenere gli investimenti e l’occupazione di complessi industriali di rilevante dimensione caratterizzati da gravi crisi finanziarie e/produttive, ivi incluse quelle insolventi».

Passando dalle crisi aziendali ai progetti di innovazione, ieri il consiglio dei ministri - su proposta del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan - ha approvato, in esame preliminare, il regolamento che individua in una Fondazione l’organismo di gestione delle risorse stanziate dalla legge di bilancio per il Fondo sul capitale immateriale collegato agli obiettivi di Industria 4.0.

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