Previdenza

Dopo le crisi industriali ricollocati in 77mila

di Cristina Casadei

Ci sono Blutec, Ind Italia. E poi Sangalli, Ideal Standard. Fino ad arrivare a Embraco. Al Mise la chiamano la via della reindustrializzazione, ma si può leggere anche ricollocazione dei lavoratori. Negli ultimi tre anni (2014-2017) con il nuovo modello per la gestione delle crisi aziendali dell’Unità di gestione delle vertenze del ministero dello Sviluppo Economico sono state gestite 160 crisi, che hanno interessato 617mila lavoratori. Con un orientamento sempre meno forte verso gli strumenti privilegiati in “passato” ossia la cassa integrazione, i prepensionamenti e la mobilità incentivata, oggi economicamente sempre meno sostenibili. Tra l’altro senza una riforma degli ammortizzatori sociali, il prossimo potrebbe essere un semestre caldo, visto che finiscono gli ammortizzatori legati a molte vertenze e si potrebbe andare incontro a migliaia di licenziamenti. «Se non si affronta il tema degli ammortizzatori sociali, a fine anno si creerà un ingorgo che o si risolve con gli ammortizzatori o si risolve con i licenziamenti, non abbiamo fatto un calcolo preciso ma sono parecchie migliaia, non so se 9, 10 o 11.000», stima Giampietro Castano, responsabile Ugv del Mise.

Il nuovo modello operativo, definito grazie all’orientamento alla reindustrializzazione, si basa su prevenzione, collaborazione tra pubblico e privato, riqualificazione e ricollocamento. Il risultato, a tre anni dalla sua sperimentazione, è che 77.125 lavoratori, ossia il 13% degli interessati, hanno trovato un nuovo posto. «La sinergia tra istituzioni, imprese, parti sociali e società di consulenza ha portato a definire un modello che negli ultimi anni ha dato risultati soddisfacenti in termini di occupazione e rilancio delle aziende», spiega Castano.

Se prendiamo in considerazione solo l’ultimo anno i lavoratori coinvolti nelle crisi sono stati 190mila e di questi 23.750 (13%) hanno trovato un’occupazione. Il 50% attraverso il nuovo modello di reindustrializzazione, applicato nei settori più diversi, dall’automotive alla ceramica, alla componentistica, all’elettronica e alla micro-elettronica.

I dati sono stati presentati ieri in un convegno organizzato dalla società di consulenza fondata da Stefano Scaroni, Ems, e dal gruppo intersettoriale direttori del personale (Gidp) da cui è emerso, attraverso il racconto di undici casi modello, da Blutec a Whirlpool, Lucchini, Ginori, LFoundry e Schneider, un sensibile incremento nella preservazione dei livelli occupazionali: in questi casi i posti salvati sono stati addirittura 2.600 su 13.000 addetti pre-crisi. Quasi uno su cinque.

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