Previdenza

Covip: tax credit per aumentare le adesioni

di Davide Colombo e Marco lo Conte

Riportare negli anni di imposta successivi i margini di deducibilità fiscale non utilizzati anno per anno dagli iscritti a una forma di previdenza complementare. Nel vuoto assoluto di attenzione per le pensioni di secondo pilastro e con il nuovo governo tutto orientato alla reintroduzione delle pensioni di anzianità, una proposta concreta per aumentare l’inlcusione previdenziale è arrivata, ieri, dal presidente della Covip, Mario Padula.

Nella sua terza relazione annuale Padula ha insistito sul basso livello di adesione dei lavoratori italiani ai fondi a più di dieci anni dalla riforma. Dei 7,6 milioni di iscritti a fine 2017 solo il 6% effettua versamenti tra i 5.000 e i 5.500 euro e quindi beneficia in pieno del limite di deducibilità, fissato a 5.164,57 euro. Il resto si ferma molto prima, visto che i contributi medi di ogni singolo iscritto non superano i 2.620 euro. Da qui la proposta di provare a puntare su un ridisegno del modello fiscale della nostra previdenza complementare per renderla più in linea con un mercato del lavoro frammentato, fatto di carriere discontinue e bassi salari.

Il basso livello di risparmio previdenziale degli italiani ha tante sfaccettature, tutte messe in luce nella Relazione della Commissione di vigilanza: dei 7,6 milioni di iscritti (+6,1% sull’anno prima) 1,8 milioni (23,5%) non ha effettuato alcun versamento nel 2017, mentre le posizioni “dormienti” sono state 2,1 milioni (+14%). C’è ancora l’effetto lungo della crisi, che ha impoverito molti iscritti costringendoli, oltre a sospendere i contributi, a chiedere anticipazioni per 2 miliardi dal proprio “conto previdenziale” per far fronte alle difficoltà.

Ma la bassa inclusione viene da molto lontano: il tasso di partecipazione oscilla tra il 35 e il 50% degli occupati maschi delle regioni più ricche, dove la contribuzione media è di 3.000-3.500 euro annui, più del doppio di gran parte delle regioni del Sud. E i giovani sono al margine, con iscritti sotto i 34 anni al 19%, mentre la media di lavoratrici iscritte si ferma al 25% contro il 31,4% della media maschile. Bisogna fare un passo avanti - ha detto Padula - aggiungendo che non funziona la scorciatoia dell’adesione automatica, mentre vanno nella giusta direzione recenti esperienze di adesione tramite il contributo contrattuale «cui devono seguire però iniziative delle parti sociali e dei fondi per promuovere la consapevolezza degli iscritti a una adesione piena dal punto di vista contributivo».

Nella sua relazione il presidente Covip ha insistito sul successo dell’iniziativa lanciata nel 2017 che permette agli utenti di confrontare i costi della forme pensionistiche. Tema cruciale, visto che i maggiori costi caricati sulle forme individuali come i Pip, destinati alle reti di vendita, riducono i rendimenti portando gli aderenti a scelte meno remunerative rispetto a quelle proposte dalle forme collettive: dalla metà del 2017 il “Comparatore di forme pensionistiche complementari” ha avuto circa 30mila visualizzazioni, cui si aggiungono 20mila accessi nei primi mesi dell’anno in corso. Cifre che si aggiungono a 150mila accessi alle schede dei costi di ciascuna forma autorizzata.

Parlando della vigilanza sulle Casse dei professionisti, Padula anche quest’anno ha insistito sul varo dell’atteso decreto (lo è dal 2012) che regola i criteri e i limiti di investimento di questi soggetti ed è tornato a proporre l’estensione a Covip della vigilanza sui fondi sanitari e le altre forme di sanità integrativa, un controllo oggi parcellizzato tra diversi ministeri con risultati di scarsa trasparenza, a fronte di una spesa out of the pocket degli italiani in costante crescita, visto che sono milioni coloro che si sono indebitati per pagare spese mediche fino a 40miliardi in aggiunta al servizio sanitario.

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