Previdenza

Quota 100 con pace contributiva, torna il divieto di cumulo

di Davide Colombo

Le nuove pensioni di anzianità continuano a camminare, nelle bozze riscritte e aggiornate ai tavoli tecnici che si susseguono al ministero del Lavoro, con una “quota 100” valida per tutti a requisiti minimi di 62 anni e 38 di contributi. Nessun ricalcolo della componente retributiva e nessuna penalizzazione se non un parziale (o totale) divieto di cumulo tra reddito da lavoro e pensione negli anni di anticipo, fino al compimento dei 67 anni. E ancora: stop all’adeguamento automatico del requisito di pensionamento anticipato vigente (resta a 42 anni e 10 mesi) mentre per la vecchiaia 2019-2020 sono confermati i 67 anni.

Per consentire ai lavoratori che l’anno venturo potrebbero utilizzare “quota 100” è poi prevista una “pace fiscale” per chiudere i mesi o gli anni di versamenti non effettuati dal 1996 in avanti. Per trovare la quadra su questa agevolazione, che rischia di mettere a repentaglio più di altre misure l’equità attuariale dei nuovi trattamenti, è allo studio il modo per coinvolgere le imprese con i fondi bilaterali e i fondi di solidarietà attivi in diversi settori come il credito, le assicurazioni, il trasporto pubblico o il neonato “fondo Tris” del settore chimico-farmaceutico. Fonti vicine al dossier ieri hanno fatto intendere che per innescare questi finanziamenti aziendali volontari potrebbe rendersi necessaria una normativa secondaria, da adottare nei primi mesi del 2019. Mentre per le aziende da cui escono i lavoratori senior non saranno previsti incentivi o obblighi di assunzione di govani. Il turn over generazionale che dovrebbe innescarsi, secondo i proponenti, con la massiccia uscita di ultrasessantaduenni sarà totalmente di mercato.

Le stesse fonti tecniche hanno fatto poi capire che è allo studio anche l’ipotesi di una profonda riscrittura del disegno di legge Molinari-D’Uva sul taglio delle cosiddette “pensioni d’oro” (assegni sopra i 4.500 euro netti mensili; 90mila lordi annui) con l’obiettivo di introdurre la norma in legge di Bilancio. Il “pacchetto previdenza” della manovra quoterebbe a questo punto qualcosa di più di 7 miliardi. E le risorse aggiuntive servirebbero per finanziare misure-ponte come un ulteriore proroga fino al 2021 di “opzione donna”, ovvero la possibilità di uscire con 57-58 anni di età anagrafica e 35 anni di contributi (anche se l’asticella potrebbe essere alzata a 36 o 37 anni) con l’assegno interamente ricalcolato con il metodo contributivo. Ma sul tavolo c’è anche l’ipotesi di una conferma dell’Ape sociale, visto che il tiraggio fin qui registrato (a fine luglio circa 40mila le domande registrate) renderebbero possibile l’allungamento della sperimentazione oltre la fine dell’anno.

Ieri sulla proposta di legge D’Uva-Molinari sono proseguite le audizioni in commissione Lavoro alla Camera. Audizioni che domani prevedono la testimonianza del presidente dell’Inps, Tito Boeri. La Cida,confederazione dei dirigenti d’azienda, ha bocciato la misura ricordando che la Corte costituzionale si è più volte espressa sulla possibilità di interventi solo transitori ed eccezionali. Ma i dirigenti hanno anche messo in luce gli aspetti fiscali della questione: «Su un totale di circa 16 milioni di pensionati - hanno affermato - 8 milioni usufruiscono di prestazioni integrate o totalmente a carico della fiscalità. Di contro i contribuenti sopra i 100mila euro lordi l’anno sono solo l’1,1% ma pagano il 18,68% dell’Irpef».

Una stroncatura condivisa anche dai sindacati, sia pure con motivazioni diverse. Cgil, Cisl e Uil hanno parlato di incostituzionalità perché «non è una misura una tantum - ha spiegato Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil - e non si possono smantellare così i diritti acquisiti. Siamo favorevoli all’aumento delle pensioni basse e alla creazione di un fondo di solidarietà a sostegno delle pensioni dei giovani - ha poi aggiunto - ma dev’essere alimentato dalla fiscalità generale con un contributo dai redditi più alti, non solo pensionistici». «Aumentare le pensioni minime è un fatto positivo - ha spiegato il segretario confederale della Uil Domenico Proietti - ma si deve fare attraverso la fiscalità generale chiedendo un contributo a chi ha redditi alti». La misura - ha ribadito anche il segretario confederale Cisl, Ignazio Ganga - presenta profili di incostituzionalità. Rilanciamo invece l’auspicio di un confronto sulle pensioni dei giovani, sui lavori gravosi e sulla perequazione dei trattamenti in essere».

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