Previdenza

Pensioni sociali, gli assegni futuri sono legati all’Isee

di Davide Colombo

Per il riconoscimento delle future pensioni sociali entra in campo l’Isee. L’idea di integrare gli attuali requisiti, esclusivamente basati sul reddito, per il riconoscimento di una delle diverse forme di sostegno alle pensioni basse sta prendendo forma ed entrerà nel “pacchetto previdenziale” della manovra. Lo ha confermato al Sole 24 Ore il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon: «Bisogna tener conto della ricchezza complessiva di chi percepisce queste integrazioni al minimo per evitare che vadano a chi, oltre a una pensione bassa, magari gode di altre entrare, possiede immobili diversi o altro ancora». I detta gli della misura non sono ancora definiti, anche perché toccano una materia che s’intreccia a doppio filo con la cosiddetta “pensione di cittadinanza” a cui punta il Movimento Cinquestelle e della quale per il momento si sa solo che verrebbe riconosciuta a circa 500mila soggetti per una spesa annua non superiore a 900 milioni.

Il ricorso all’Indicatore della situazione economica equivalente (Isee) potrebbe determinare una riallocazione di prestazioni che quest’anno hanno riguardato circa 3 milioni di persone (contro i 5 milioni dei primi anni Duemila) e che valgono l’8% della spesa pensionistica, vale a dire poco meno di 20 miliardi. Stiamo parlando di importi medi di integrazione che possono arrivare a pesare fino al 40-45% della pensione complessiva dei beneficiari, per valori medi attorno ai 498 euro mensili, secondo i dati dell’Osservatorio statistico Inps.

Le norme che regolano le integrazioni al minimo, le maggiorazioni sociali a favore delle pensioni assistenziali fino all’assegno di accompagnamento si sono cumulate tra gli anni ’80 e primi anni Duemila realizzando una complessità incredibile per la varietà degli importi delle prestazioni, delle condizioni di età e di reddito dei beneficiari. I vertici Inps a più riprese hanno chiesto una semplificazione della materia non solo per evitare che parte delle risorse vadano a chi non ne ha bisogno ma, anche, per ridurre le possibilità di “diritti inespressi”, i casi, cioè di pensionati che, per mancata conoscenza delle condizioni di accesso alle prestazioni, non le richiedono pur avendone diritto. Tra l’altro vale ricordare che le integrazioni al minimo sono state abolite dalla riforma Dini (1995) e continueranno a essere riconosciute solo per le pensioni a calcolo misto mentre non andranno alle future pensioni a esclusivo calcolo contributivo.

Ieri, intanto, su una delle ultime novità emerse dai policy makers impegnati negli ultimi dettagli di “quota 100”, ovvero il divieto di cumulo pensione/lavoro fino a cinque anni, s’è espresso il presidente dell’Inps, Tito Boeri: la strada del divieto di cumulo - ha affermato - è difficile da perseguire.

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