Previdenza

Una dote in più per la pensione con i versamenti flessibili

di Francesco Nariello

Incrementare l’assegno che si riceverà al termine dell’attività lavorativa, versando una contribuzione aggiuntiva rispetto a quella minima obbligatoria prevista da ciascuna Cassa professionale. È questo l’obiettivo di chi decide di integrare il montante da cui deriverà la propria pensione, aderendo al sistema di contribuzione volontaria previsto dal proprio ente previdenziale di riferimento.

Per avvocati, commercialisti, consulenti del lavoro e ragionieri la contribuzione “aggiuntiva” si basa su alcuni principi comuni, come l’utilizzo del metodo contributivo per il calcolo del montante pensionistico, la flessibilità nel decidere ogni anno se e quanto versare in più o la totale deducibilità dei contributi aggiuntivi dal reddito imponibile. Sono molte, tuttavia, le differenze tra i regolamenti delle diverse Casse professionali nelle modalità di versamento e trattamento dei contributi volontari.

Gli avvocati hanno a disposizione il contributo “modulare” volontario: chiunque può optare, contestualmente all’invio della comunicazione obbligatoria dei dati reddituali, per i versamenti aggiuntivi, indicando la percentuale in più prescelta in misura variabile fra l’1% ed il 10% del reddito netto ai fini Irpef. La rinuncia al pagamento non comporta sanzioni, mentre la mancata adesione iniziale resta irreversibile per l’anno di riferimento.

La contribuzione volontaria versata - la cui incidenza sulla futura pensione può essere simulata sul sito dell’ente previdenziale - viene rivalutata annualmente in base al 90% del rendimento medio ottenuto dalla Cassa nell’ultimo quinquennio dall’impiego di risorse patrimoniali (minimo garantito 1,5%).

La quota modulare genera una prestazione calcolata con il metodo contributivo, mentre il contributo obbligatorio alimenta la pensione di base prodotta con il sistema retributivo ora vigente.

A incentivare in modo deciso i contributi aggiuntivi è la Cnpadc, la cassa dei dottori commercialisti, che prevede, per chi accantona di più, una progressiva premialità. Dopo il passaggio al contributivo, nel 2004, l’ente ha dato la possibilità agli iscritti di versare di più (fino al 100% del reddito); dal 2012, poi, è stato introdotto una sorta di contributivo “maggiorato” attraverso cui, a fronte del pagamento della quota minima del 12%, viene riconosciuto un 3% in più (totale 15%) ai fini pensionistici. Inoltre, per ogni incremento dei versamenti di un punto percentuale rispetto al minimo scatta un ulteriore “premio” dell’0,2% fino ad un massimo dell’1% in più (corrisposto in pieno a chi opta almeno per il 17%).

Il sistema incentivante sembra aver dato i suoi frutti visto che più di un professionista su dieci ha versato oltre il minimo (si veda l’articolo a fianco) e che lo scorso anno l’aliquota media si è attestata al 12,79 per cento. I commercialisti hanno inoltre a disposizione un sistema di simulazione della futura pensione particolarmente sofisticato, in cui è possibile farsi indicare la “strategia contributiva” per ottenere la pensione desiderata.

La scelta di riconoscere un premio alla contribuzione volontaria potrebbe essere presto intrapresa anche dai ragionieri: il cda della Cassa - fanno sapere dalla stessa Cnpr - sta studiando soluzioni per dare un bonus agli iscritti che pagano più del minimo. Al momento i versamenti volontari (fino all’aliquota del 24%) hanno lo stesso trattamento dei contributi soggettivi minimi (14%): il montante viene rivalutato annualmente, con esclusione della contribuzione dell’anno, a un tasso pari alla media quinquennale del Pil nominale. La quota minima si versa in cinque rate; le eventuali eccedenze in due tranche.

Per i consulenti del lavoro, infine, il regolamento dell’Enpacl consente di optare per moduli aggiuntivi di contribuzione, pari a 500 euro o multipli. Il montante “integrato” si rivaluta annualmente in base al 90% della media quinquennale del rendimento netto del patrimonio investito dalla Cassa, con un minimo del 1,5 per cento. Ogni anno si può decidere liberamente se e quanto versare. A farlo, però, sono davvero in pochi: nel 2017, appena l’1,8% degli iscritti.

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