Previdenza

Versare solo il contributo integrativo alla Cassa forense non esenta dai contributi alla gestione separata Inps

di Silvano Imbriaci

A un anno esatto di distanza dalla pronuncia della Cassazione sul tema dell'iscrivibilità alla gestione separata Inps dei professionisti (architetti e ingegneri) non iscritti a Inarcassa (Cassazione 30344/2018 e seguenti), la Suprema corte, con la sentenza del 12 dicembre 2018, numero 32167, ribadisce il medesimo principio, sia pure con motivazione in gran parte diversa, anche per gli avvocati in relazione a versamento del contributo integrativo alla Cassa forense di appartenenza.

Il presupposto è dato dall'iscrizione alla gestione separata Inps (e della norma interpretativa di cui all'articolo 18, comma 12 del Dl 98/2011), di un avvocato iscritto all'albo professionale ma non alla Cassa forense, non essendo tale adempimento obbligatorio prima dell'introduzione dell'automaticità dell'iscrizione alla suddetta Cassa in presenza di iscrizione all'albo professionale, come disposta dall'articolo 5 del regolamento di attuazione e dall'articolo 21 della legge 247/2012. Anche in questo caso, come nelle ipotesi già esaminate relative agli ingegneri e architetti, il professionista aveva comunque versato il contributo cosiddetto integrativo, obbligo connesso all'iscrizione all'albo, e comunque contestava la disposta iscrizione alla gestione Inps in assenza dei presupposti di legge: esercizio di attività professionale soggetta all'iscrizione all'albo, assenza di un obbligo di legge di iscrizione alla Cassa forense.

In prima battuta la Cassazione indugia sulla propria decisione di non rimettere la questione alle sezioni unite, come invece aveva chiesto la Procura, anticipando quindi la propria intenzione di voler decidere la controversia nel solco di quanto già deciso in modo univoco dalla stessa sezione, sia pur tuttavia arricchendo la propria motivazione di aspetti e sistemazioni della materia che è opportuno sottolineare. In realtà, la Corte evidenzia come la questione di fondo che riguarda gli avvocati sia comune anche alle altre tipologie professionali. Nel caso degli avvocati, per l'accesso alla Cassa forense, oltre all'iscrizione all'albo costituiva requisito necessario lo svolgimento di attività professionale con carattere di continuità e non in via occasionale, in presenza di un reddito annuo e di un volume di affari superiore ai limiti fissati anno per anno dal comitato dei delegati alla Cassa.

Per altro verso, ai fini dell'iscrivibilità alla gestione separata, la Cassazione ricorda che l'obbligo previsto dall'articolo 2, comma 26 della legge 335/1995 riguarda i soggetti che svolgano per professione abituale anche se non esclusiva, attività di lavoro autonomo di cui all'articolo 49 del Tuir, nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa con specifici limiti di reddito. Basilare, ai fini della comprensione dell'opzione interpretativa seguita dalla Corte, appare la ratio collegata all'istituzione e allargamento dei confini della tutela Inps nella gestione separata, consistente nell'esigenza di armonizzare e estendere la copertura assicurativa anche nei confronti dei lavoratori che pur svolgendo già un'attività lavorativa – per la quale risultavano assicurati- non possono vantare alcuna copertura previdenziale per altra e diversa attività comunque svolta.

Per questo il meccanismo assicurativo è strutturato in modo da colpire il reddito secondo due diverse angolazioni: a) redditi derivanti dall'esercizio, abituale ancorché non esclusivo, di arti e professioni; b) redditi derivanti dallo svolgimento delle funzioni di amministratore e sindaco di società, e da altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa. La contribuzione alla gestione separata ha dunque delle connotazioni quasi fiscali, in quanto costituisce una tassa aggiuntiva a determinati tipi di reddito che altrimenti non troverebbero alcuna corrispondenza con obblighi contributivi (da qui le peculiarità nella disciplina, sulle modalità di pagamento, sui soggetti obbligati). Attraverso questo meccanismo dunque, sottolinea la Corte, la gestione si è naturalmente arricchita del versamento di contribuzione relativa a varie forme di reddito, di cui sono risultati percettori particolari forme di lavoratori (dai collaboratori occasionali sopra i 5.000 euro agli addetti ai servizi turistici, agli assegnisti di ricerca, ecc…)

Proprio alla luce del principio guida della universalità della tutela, dunque, la Corte trova corretto non assegnare, ai fini della copertura contributiva come sopra intesa, alcuna rilevanza al versamento del contributo integrativo, cui gli avvocati sono comunque tenuti per effetto della loro iscrizione all'albo, in quanto l'unica forma di contribuzione obbligatoria che può inibire la forza espansiva di chiusura contenuta nell'articolo 2, comma 26, come interpretato dall'articolo 18, comma 12, del Dl 98/2011, non può che essere quella correlata a un obbligo di iscrizione ad una gestione di categoria, in applicazione del divieto di duplicazione delle coperture assicurative incidenti sulla medesima attività professionale. La contribuzione integrativa, in quanto non correlata all'obbligo di iscrizione alla Cassa forense, non attribuisce al lavoratore una copertura assicurativa per gli eventi della vecchiaia, dell'invalidità e della morte del professionista, per cui non può essere rilevante ai fini di escludere l'obbligo di iscrizione alla gestione separata presso l'Inps degli avvocati che non risultino iscritti alla Cassa forense, per il periodo in cui tale iscrizione non era obbligatoria.

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