Previdenza

Pensioni, tagli sopra i 5mila euro Oltre i 1.530 indicizzazioni ridotte

di Davide Colombo e Marco Rogari

La rivalutazione delle pensioni all’inflazione resterà parziale, soprattutto per gli assegni più elevati, anche nei prossimi quattro anni. E la spesa risparmiata servirà per compensare, almeno in parte, il decollo di “quota 100”, che nel 2019 non dovrebbe sfondare il tetto ribassato dei 4,7 miliardi. Mentre sale da 90mila a 100mila euro la soglia oltre la quale scatteranno i prelievi di solidarietà.

Con il maxiemendamento governativo atteso nelle prossime ore dovrebbe arrivare uno schema di indicizzazione ancora su cinque fasce e piena solo per le pensioni fino a tre volte il minimo (1.530 euro lordi al mese), seguita da una stretta che cresce col crescere dell’assegno. In particolare, stando alle ultime opzioni tecniche, la perequazione si fermerebbe al 95% sulla quota di pensione compresa tra 3 e 4 volte il trattamento minimo Inps; al 80% sulla quota compresa tra 4 e 5 volte; 60% tra 5 e 6 volte; 50% sopra 6 volte il minimo. Un sistema di blocchi per scaglioni simile ma meno forte rispetto all’attuale, che sarebbe scaduto a fine anno. In questo modo si garantirebbe una minore spesa per 1,7 miliardi entro il 2021 (200 milioni l’anno prossimo, 600 nel 2020, 900 nel 2021). L’ipotesi alternativa di una conferma dello schema in vigore dal 2014 e sempre prorogato avrebbe ridotto ulteriormente la spesa, fino a 2,4 miliardi nel prossimo triennio (350 milioni nel 2019, 800 nel 2020, 1,250 miliardi nel 2021). Vale ricordare che senza la nuova mini-stretta da gennaio sarebbe tornata una indicizzazione più generosa anche per le pensioni più elevate.

Il lavoro di rifinitura del maxi-emendamento ha fatto un passo avanti, ieri, dopo il vertice politico di domenica sera in cui si sono definiti i nuovi limiti di indebitamento da presentare alla Commissione europea. Nel correttivo finale alla manovra è pure confermato il prelievo di solidarietà, per i prossimi tre o cinque anni, sulle pensioni più elevate. Ma con una riformulazione dell’emendamento presentato dal senatore M5S, Stefano Patuanelli, che farebbe ora partire il prelievo da 100mila euro lordi l’anno anziché da 90mila (circa 5mila euro al mese) con prelievi a partire dal 10% e fino al 40% sugli assegni superiori, rispettivamente, ai 100mila e ai 500mila euro lordi l’anno. Il contributo di solidarietà opererebbe sulla parte retributiva dell’assegno.

Ieri sono giunte conferme anche sulla scelta di varare tutte le altre misure che accompagnano “quota 100” nel decreto legge di gennaio. Ci saranno le proroghe per un altro anno di Ape sociale e di “Opzione donna”. Nel primo caso si attingerà dalle risorse non utilizzate nel 2018 per l’ammortizzatore sociale di ultima istanza riconosciuto a 63enni disoccupati con 30 o 36 anni di contributi a seconda della loro appartenenza o meno a categorie in condizioni di bisogno sociale. Nel decreto ci sarà anche la conferma del requisito per l’anticipo con 42 anni e 10 mesi (senza lo scatto di 5 mesi, dunque, legato alla maggior speranza di vita a 62 anni) e ci sarà pure la “pace contributiva”, che dovrebbe avere una doppia destinazione: la prima per i quotisti che devono raggiungere i 38 anni necessari per l’uscita a 62, la seconda per i più giovani con carriere discontinue alle spalle, ai quali viene data la possibilità di ricostruire la propria carriera contributiva per evitare, in prospettiva, una pensione di vecchiaia a 70 anni e traguardare invece l’anticipo a 41 o più.

Pensioni, come cambiano le rivalutazioni

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©