Previdenza

Legge di bilancio, tra pensioni e reddito il derby lo vince la Lega

di Davide Colombo

Le pensioni battono il reddito di cittadinanza nella prima “manovra del Popolo”. Se i due fondi attivati con il disegno di legge di Bilancio erano quasi allineati, anche se con un leggero vantaggio sempre per la spesa previdenziale, nella versione precedente l'intesa con la Commissione europea, l'emendamento correttivo ha cambiato il quadro in maniera sostanziale. Nel primo triennio si spenderanno per le nuove pensioni anticipate circa 21 miliardi in termini cumulati, mentre per il reddito e le pensioni di cittadinanza ci si fermerà a 17 miliardi (aggiuntivi delle risorse già previste per il Rei, il Reddito d’inclusione). Lo scarto tra le due misure bandiera del governo, la prima sventolata da Matteo Salvini e la seconda da Luigi Di Maio, cresce ancora di più se si alza lo sguardo alla spesa dei primi dieci anni: le misure volute della Lega sfondano i 71 miliardi mentre il provvedimento simbolo dei Cinquestelle si ferma a 60,2. Nuova previdenza batte nuova assistenza.

È successo che con la correzione sui nuovi saldi della manovra il fondo per finanziare “quota 100” e le altre misure del pacchetto previdenza è stato ridotto di 2,7 miliardi nel 2019 e poi rafforzato per 1,3, 1,6 e 1,1 miliardi per il triennio successivo, per dare poi vita a una maggiore spesa a regime sui 7 miliardi dal 2024 in avanti. Per il reddito e le pensioni di cittadinanza, che dal 2024 viaggeranno su un budget di 6,1 miliardi l’anno, il taglio di 1,9 miliardi per il 2019 non è stato seguito da alcun recupero. Anzi nel 2020 s’è aggiunto un altro taglio di 958 milioni per poi proseguire con un alleggerimento di 638 milioni a regime.

Una prima analisi sulla maggiore spesa sociale che verrà innescata con i due decreti di gennaio è stata messa a punto, in esclusiva per IlSole24Ore, da Tabula, la società di studi e consulenza previdenziale di Stefano Patriarca. Stiamo parlando di maggiori uscite correnti cumulate per 131,4 miliardi nel prossimo decennio (sarebbero stati 138,3 senza il maxi-emendamento), circa 38 miliardi entro il 2021, un primo triennio nel corso del quale il governo non solo dovrà saper sostenere questa maggior spesa ma dovrà reperire anche risorse per disinnescare clausole di salvaguardia Iva per 51,7 miliardi.

Una sfida importante, sia in termini di finanza pubblica sia per l’impatto che queste misure hanno sulle aspettative di contribuenti e risparmiatori.

Com’è noto in manovra sono previsti anche due interventi di riduzione della spesa previdenziale: la nuova perequazione all’inflazione e il taglio orizzontale sulla parte retributiva delle pensioni superiori ai 100mila euro l’anno lordi. Questi due interventi, come illustra la nota di Tabula, determinano risparmi per 2,4 miliardi nei prossimi tre anni, che salgono a 10,9 nel decennio.

Si tratta di coperture che, se immaginate a compensazione della sola maggiore spesa previdenziale varrebbero il 16% del totale e ne farebbero ridiscendere l’impatto a un “netto” di 18,5 miliardi nei primi tre anni e di 60,1 miliardi nel decennio.

Morale della favola, in questa seconda prospettiva il “derby” tra Salvini e Di Maio sarebbe vinto comunque dal primo nel triennio, con uno scarto di oltre un miliardo e mezzo, mentre si finirebbe in sostanziale pareggio attorno ai 60 miliardi nei dieci anni. «Il fatto che lo stanziamento per le pensioni si riduca dal 2022 – annota Patriarca – conferma l’ipotesi che la modifica dell’età di pensionamento con un minimo di 62 anni e 38 di contributi sarà provvisoria e verrà meno in quell’anno. Nel decreto sappiamo già – aggiunge – che non ci potrà essere alcun riferimento alla futura quota 41, magari dal 2022 in poi, perché sarebbe priva di apposita copertura».

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