Previdenza

Caccia a 4mila addetti per i Cpi

di Flavia Landolfi e Valentina Melis

Con l’approvazione del reddito di cittadinanza entra nel vivo la partita tra Governo e Regioni sul rafforzamento dei centri per l’impiego (Cpi). Si tratta di uno dei pilastri sui quali poggia l’intera riforma: i 552 Cpi oggi attivi sono sguarniti e scarsamente attrezzati dal punto di vista informatico. Fanno dunque fatica a dare risposte concrete alla domanda di lavoro che arriva dal territorio.

Del rafforzamento del personale negli uffici che offrono servizi per il lavoro si parla ormai da anni: l’esigenza di rimpolpare gli organici prescinde quindi dal reddito di cittadinanza e investe tutte le attività dei Cpi. La legge di Bilancio 2019 prevede l’arrivo di 4mila nuovi addetti nei centri, con uno stanziamento di 280 milioni di euro nel biennio 2019-2020.

Si parlerà anche di questo al tavolo con le Regioni convocato per oggi alle 15 dal ministro del Lavoro Luigi Di Maio. «L’interlocuzione con il Governo - spiega Cristina Grieco, coordinatrice della commissione Lavoro della Conferenza delle Regioni - era partita sotto i migliori auspici, ma si è poi interrotta bruscamente. L’assenza di un confronto preventivo pesa, anche perché esistono già importanti esperienze regionali di sostegno al reddito che avrebbero potuto essere tenute in considerazione».

La riorganizzazione dei centri per l’impiego ha già un suo orizzonte fissato per la fine di aprile: entro quel termine, dovranno iniziare a lavorare a tutto campo, chiudere il reddito di inclusione (Rei) e avviare quello di cittadinanza.

Ma come saranno distribuiti i 4mila nuovi addetti dei centri per l’impiego? La risposta a questa domanda non può prescindere dai tempi risicati di entrata in funzione dell’intera macchina. Con tutta probabilità, dunque, si seguiranno criteri già sperimentati. Il primo è quello di una distribuzione sul territorio delle risorse sulla falsariga del «Piano di rafforzamento dei servizi e delle misure di politica attiva del lavoro», approvato alla fine del 2017 in Conferenza unificata. In quell’occasione si ragionava su mille nuovi addetti ma la proiezione entrava già nel vivo dei reali fabbisogni dei Cpi nel territorio, in base al numero di disoccupati e alle persone registrate al programma Garanzia giovani. Di qui la stima elaborata dal Sole 24 Ore sul plafond di 4mila nuovi addetti, che vede in pole position la Campania (756 persone), seguita dalla Lombardia (540) e dalla Puglia (512).

Un secondo criterio di suddivisione potrebbe basarsi sulla ripartizione dei fondi che sono stati attribuiti alle Regioni per “assorbire” i 1.600 addetti dei Cpi che facevano capo alle Province. Anche in questo caso, la prima Regione per numero di nuovi ingressi sarebbe la Campania, con 468 unità, seguita dalla Lombardia (421) e dal Lazio (407). «Con l’arrivo del reddito di cittadinanza - spiega Sonia Palmeri, assessora al Lavoro della Campania - ci aspettiamo almeno di raddoppiare l’organico dei Cpi». Le fa eco l’omologa della Regione Calabria, Angela Robbe: «Il nostro fabbisogno è di almeno altre 200 unità e senza contare la gestione del reddito di cittadinanza».

Dal Veneto l’assessore Elena Donazzan fa notare che una minima parte di imprese e di disoccupati si rivolge ai centri per l’impiego per ottenere personale o lavoro: «Su oltre 900mila contratti stipulati in Veneto nel 2018, solo il 15% è passato per i centri per l’impiego. La maggior parte delle aziende e dei lavoratori si è intermediata autonomamente o è passata per gli enti accreditati, come le agenzie per il lavoro».

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