Previdenza

Parisi (Anpal): non voglio la guerra con le Regioni

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Alla sua prima uscita pubblica il neo presidente dell’Anpal, Domenico Parisi, manda un messaggio distensivo alle regioni; non auspica «guerre». Ma rivendica le scelte del governo, forte anche dell’esperienza fatta negli Stati uniti. «Il modello americano presenta analogie con quello italiano - sostiene-, Negli Usa abbiamo gli stati, in Italia le regioni. Non si vogliono togliere competenze alle regioni ma, rispettando le loro prerogative, intendiamo dare indicazioni che siano effettive». A lui il difficile compito di tradurre in pratica questo messaggio nella difficile trattativa in corso con le regioni.

La sfida è spingere sulla formazione per favorire l’occupazione, sia «per connettere le persone con il mondo del lavoro», sia per «sostenere» i lavoratori occupati; rafforzando l’incontro tra domanda e offerta. A prescindere da come verrà risolto l’affaire “navigator”, i 6mila coach chiamati ad aiutare i percettori del reddito di cittadinanza a reinsersi, tra i primi passi che il neo numero uno di Anpal è intenzionato a compiere c’è l’esigenza di «snellire e agevolare gli adempimenti propedeutici prima di entrare in un centro per l’impiego», con l’impiego dei device.

Non è un mistero che il canale pubblico di collocamento sia scarsamente utilizzato dai datori per selezionare il proprio personale. «La maggioranza ha utilizzato canali informali - ha spiegato Parisi - o il rapporto diretto con le aziende».

L’obiettivo è anche quello di “mappare” il territorio: in particolare, le economie esistenti, quelle emergenti, e le nuove. «Oggi oltre il 60% di tutte le occupazioni richiedono middle skill - ha aggiunto Parisi -. Sono fondamentali le competenze tecnico-professionali. E in particolare il link tra formazione accademica e certificazioni delle competenze svolte direttamente delle imprese». Il riferimento è a un sistema di formazione realmente “duale”, rilanciato in Italia negli ultimi anni, ma che, per una serie di ostacoli, fa fatica a decollare (la scorsa legge di bilancio ha peraltro dimezzato ore e fondi alla scuola-lavoro).

Le professioni del domani sono strettamente legate alle nuove tecnologie e, specie nella manifattura, al 4.0. Nei prossimi cinque anni il 50-60% dei lavoratori vedrà modificate le attività che oggi svolgono. «Per questo - ha sottolineato Parisi - sono importanti le discipline Stem (Science, technology, engineering and Mathematics, ndr), e qui bisogna investire. Fondamentale è anche la capacità analitica e intellettuale. I migliori sviluppatori di software hanno nei loro team anche persone con un background di studi umanistici, filosofici, sociologici, accanto a profili più tecnici. Resisteranno le profesioni che richiedono capacità analitiche, mentre i lavori ripetitivi o sostituibili con le macchine sono destinati a scomparire».

Per il mercato del lavoro italiano che soffre per l’incapacità del sistema dei centri per l’impiego di far incontrare la domanda e l’offerta di lavoro Parisi vuole importare il modello che ha attuato con successo in Mississippi. Un’applicazione, Mississippi Works, disponibile per smartphone, Ipad, Pc che mette in rete chi cerca un lavoro con le imprese che hanno posti disponibili, in modo interattivo consentendo di confrontare in tempo reale le capacità della persona con i requisiti richiesti da un’azienda: «l’innovazione può diventare uno straordinario driver per la crescita», sostiene Parisi. Per il momento, però, occorre fare i conti con lo stato disastroso dell’infrastruttura tecnologica dei centri per l’impiego.

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