Previdenza

Pensione di garanzia giovani e opzione donna

di Marco Rogari

Il cantiere pensioni resta aperto. Con la scritta “lavori in corso” bene in vista. La conferma arriva dalla versione definitiva del programma su cui si muoverà il governo Conte-2. Dopo le limature apportate negli ultimi vertici tra il premier e le delegazioni di M5S e Pd nel testo sono entrate due misure care al Pd, ma sulle quale i Cinque stelle hanno sempre mostrato attenzione: la “nascita” della pensione di garanzia per i giovani e la proroga di opzione donna. Due interventi non proprio a costo zero. Anche per questo motivo si continua a guardare a un restyling di quota 100 sulla quale il programma giallo-rosso non fornisce alcuna indicazione.

La “copertura previdenziale” per i lavoratori con carriere discontinue era uno dei punti forti del programma elettorale del Pd per le elezioni politiche del 2018. La proposta prevedeva per i lavoratori con almeno 20 anni di contribuzione una pensione futura di “garanzia” di almeno 750 euro mensili da far lievitare di 15 euro al mese per ogni anno in più di contribuzione fino a un massimo di mille euro. E questo resta la traccia su cui si muoverà il nuovo Governo anche se non escluso un primo “step” con una prima misura intermedia. Per opzione donna si dovrebbe invece andare alla proroga di un anno. La possibilità per le lavoratrici con 35 anni di contribuzione e 58 anni di età (59 anni se “autonome”) è stata reintrodotta per il solo 2019 dall’ultima legge di bilancio varata dal Governo Conte-1. Il nuovo esecutivo conta ora di prorogare la misura almeno fino a tutto il 2020.

Il pacchetto previdenza si potrebbe arricchire anche con altre novità. Prima fra tutte l’allargamento del bacino dei lavoratori impegnati in attività usuranti e gravose (per i quali sono già previsti requisiti d'uscita agevolati) da escludere dai futuri aumenti automatici previsti dal collegamento con l’aspettativa di vita. Ma per capire il peso della nuova revisione previdenziale, seppure in versione “mini”, occorrerà attendere l’esito della partita sotterranea che si sta giocando sul destino di quota 100. Fin qui Pd e M5S sembrano aver convenuto sulla necessità di non prolungare la sperimentazione triennale per le nuove uscite anticipate prevista dall’ultima legge di bilancio dalle tinte “giallo-verdi”. Una decisione che è già rappresenta una discontinuità rispetto all’obiettivo della Lega di aprire la strada nel 2022 alla cosiddetta “quota 41”.

Ma sul tavolo restano altre due opzioni: una “manutenzione” già il prossimo anno di quota 100 cercando di restringere la platea dei potenzialmente interessati e lo stop anticipato a fine 2020 della fase di sperimentazione. Opzioni che saranno valutate prima della composizione della prossima manovra. C’è poi da sciogliere il nodo dei Cda di Inps e Inail, ancora congelati e dei poteri “temporanei” dei presidenti dei due istituti.

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