Previdenza

Dopo Quota 100, la fase di stallo annulla tutte le altre opzioni

di Marco Rogari

Con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, impegnato sul capitolo lavoro e, soprattutto, nella definizione della riforma degli ammortizzatori sociali, prosegue la sostanziale fase di stallo sul dopo Quota 100. Il pressing dei sindacati e le fibrillazioni di una parte della maggioranza, Lega in testa, non hanno fin qui contribuito ad accelerare il confronto sulle pensioni. Anche se lo stesso Orlando ha lasciato intendere che prima della fine del mese un appuntamento con le parti sociali sulla previdenza dovrebbe trovare posto in agenda.

Ma intanto l’addio alla sperimentazione triennale dei pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 di contribuzione voluti dal “Conte 1” si avvicina a grandi passi. Con il risultato di rendere sempre più probabile un ritorno in versione integrale alla legge Fornero, magari con la sola eccezione di percorsi agevolati per i lavoratori impegnati in attività usuranti e gravose su cui si sta concentrando l’apposita commissione di esperti istituita al ministero del Lavoro. Anche perché al ministero dell’Economia si continua a guardare con un certo distacco alle varie ipotesi circolate nelle ultime settimane con l’obiettivo di attivare dall’inizio del 2022 un meccanismo di uscite flessibili.

A non attrarre troppo i tecnici di via XX settembre sono anzitutto i costi delle opzioni abbozzate: dalla possibilità di uscita al raggiungimento dei 41 anni di contributi a prescindere dall’età anagrafica, che peserebbe per diversi miliardi l’anno sui conti pubblici, fino ai pensionamenti con 62 anni e un collegamento non troppo stretto al metodo contributivo, su cui spingono i sindacati. Nel Def presentato ad aprile dal governo Draghi si sottolinea, del resto, che, anche senza nuove ”deroghe” alla legge Fornero, la spesa previdenziale ricomincerà a correre già dal 2026 fino a raggiungere un picco di spesa del 17,4% sul Pil dieci anni più tardi (nel 2036). Anche se secondo il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, scorporando una parte delle voci assistenziali e l’impatto fiscale, l’incidenza della spesa sul Prodotto interno sarebbe di circa tre punti più bassa.

Ma a rendere cauto il Mef è anche la posizione di Bruxelles, che vigila con attenzione sui costi del nostro sistema pensionistico e sulla sua sostenibilità nel medio periodo. Il ritorno in toto alla ”Fornero” aprendo varchi d’uscita anticipata per i lavori gravosi e prorogando, in versione rafforzata, altri strumenti già previsti come l’Ape sociale e Opzione donna sarebbe considerata a via XX settembre la strada più indolore. Anche per questo motivo la priorità è stata data, per ora, al rafforzamento dei contratti d’espansione, che diventerebbero il “ponte” principale verso la pensione per i lavoratori coinvolti nei processi di ristrutturazione aziendale, visto anche il minore ricorso, almeno fino a questo momento, ad altri strumenti simili come l’isopensione, che, nell’attuale configurazione, è considerata troppo onerosa dalle imprese, e quindi con minore appeal.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©