Previdenza

Tim, con il contratto di espansione al via 750 assunzioni di giovani

di Cristina Casadei

La sigla dell’accordo sul contratto di espansione tra Tim, i sindacati (Slc Cgil, Fistel Cisl, Uilcom, Ugl) e Unindustria al ministero del Lavoro è l’ulteriore tassello del percorso avviato con l’ultima gestione della società, confermato anche dal Piano industriale 2021-2023, incentrato sulla strategia del Beyond Connectivity. Come si legge nel testo dell’accordo sono state individuate specifiche azioni per proseguire il percorso di trasformazione tecnologica in corso e favorire l’occupabilità delle persone, nello spirito di uno strumento che, come dice Laura Di Raimondo, direttore di Asstel, l’associazione di Confindustria che rappresenta le telecomunicazioni, «non ha nulla a che vedere con l’ammortizzatore sociale passivo. Si tratta di uno strumento che valorizza le politiche attive e che ha il pregio della modularità, tenendo però conto che vi sono alcuni pilastri imprescindibili e cioè la formazione e le assunzioni. Nella filiera delle telecomunicazioni lavorano 130mila persone, ognuna delle quali nel 2020 ha fatto in media 5 giornate di formazione. Nel 2021 ci sarà un raddoppio dell’investimento con circa 10 giornate procapite. Le nostre imprese sono da sempre impegnate investendo nella formazione permanente, richiesta dall’alto contenuto di innovazione tecnologica del settore. Il contratto di espansione introduce un elemento importante come la formazione certificata da un ente terzo».

Nell’accordo di Tim i pilastri sono tre. Il primo prevede nel biennio 2021-2022 l’assunzione di 650 persone a tempo indeterminato, con profili compatibili con il piano di riorganizzazione. Gli ingressi saranno 330 nel 2021 e 320 nel 2022. A questi si aggiungono ulteriori 100 operatori di caring nella società del gruppo Telecontact center, dedicati al calcio. In totale le assunzioni sono quindi 750. Il secondo tassello dell’accordo è il progetto di formazione e riqualificazione che interesserà oltre 34mila dei circa 37mila addetti di Tim per un totale di circa 1,4 milioni di ore. Il terzo pilastro è la riduzione dell’orario di lavoro che si applicherà dal 24 maggio per 16 mesi. La riduzione oraria sarà pari a 3.196 full time equivalent. In media sarà del 9,4%, con una punta verso il basso del 3,5% che riguarderà 10.525 persone. In questo caso parliamo di 6 giornate di sospensione nel 2021 e altre 6 nel 2022, di cui una dedicata alla formazione nel 2021 e una nel 2022. C’è poi una punta verso l’alto del 12,1% che riguarderà 24.194 persone che faranno 20 giornate di sospensione nel 2021 e 22 nel 2022, di cui 6 giornate di formazione nel 2021 e 6 nel 2022. La società si impegna ad anticipare il trattamento di integrazione salariale alle normali scadenze di paga e ha quantificato l’onere a copertura della richiesta del trattamento straordinario di integrazione salariale in un importo di spesa pari a 37 milioni e 400mila euro per il 2021 e 40 milioni e 700mila euro per il 2022.

Il settore ha sempre creduto in misure come il contratto di espansione e lo dimostra l’accordo di Tim, ma, dice Di Raimondo, adesso lo strumento «va agganciato alla riforma degli ammortizzatori sociali e deve diventare strutturale. Alla luce delle riforme che il paese è chiamato a realizzare, nell’ambito del piano nazionale di ripresa e resilienza, è uno degli strumenti cardine su cui impostare la rivisitazione del sistema di protezione sociale del lavoro, dove vanno messe sempre più al centro le politiche attive». Giorgio Serao della segreteria nazionale Fistel Cisl spiega che l’accordo di Tim «va inquadrato nel processo di trasformazione digitale della società e in un piano industriale di sviluppo dove entra la connettività in fibra, il cloud, la cyber security e il rilancio della parte commerciale. Per accompagnare questo processo è necessario un grande impegno formativo che va inquadrato nelle politiche attive del lavoro: attraverso la formazione si favorisce anche la riconversione professionale e l’occupabilità delle persone».

Salvo Ugliarolo, segretario generale della Uilcom spiega che «questo è un accordo importante che si inserisce in una politica del lavoro che mostra il cambio di passo dell’azienda che in questi ultimi anni non sta più giocando un ruolo difensivo in un’ottica di brevissimo termine, ma sta giocando un ruolo espansivo con strategie di medio e lungo termine. Adesso però bisogna dare corso al progetto della rete unica: per noi il soggetto che può essere la guida verso il cablaggio del paese non può che essere Tim e questo lo ribadiremo nei prossimi giorni anche con una manifestazione al Mise, dopo una serie di missive a tutti i ministeri competenti, rimaste ancora senza risposta». Per Riccardo Saccone, segretario nazionale della Slc Cgil, «è un accordo coerente con i piani di questi ultimi 3 anni. Il giudizio, però, è positivo nella misura in cui vi sarà coerenza fra il progetto di reindustrializzazione aziendale con la costruzione della rete unica di cui Tim deve assumere la guida e la valorizzazione della forza lavoro».

Nelle tlc quello del contratto di espansione è un tema che viene portato avanti da almeno 5 anni perché «il settore è di frontiera e intercetta il cambiamento prima e più facilmente - osserva Di Raimondo -. Nel 2019 vi è stato un primo passaggio di sperimentazione che ha trasformato la solidarietà espansiva nel contratto di espansione come lo conosciamo oggi, introducendo quei correttivi necessari per dare forza a uno strumento sostanzialmente inutilizzato». Oggi, però, «dopo il rifinanziamento della legge di Bilancio 2021 questa misura deve essere aperta a una più ampia platea di imprese e resa strutturale perché le imprese hanno bisogno di risposte continuative nel tempo - afferma il direttore di Asstel -. È uno strumento di politica attiva a tutti gli effetti che ha la finalità di attuare un patto intergenerazionale volto a rafforzare le competenze delle persone e l’occupazione di giovani e donne, anche mediante il ricorso agli Its e una sempre più diffusa cultura Stem. La trasformazione digitale si realizza attraverso l’investimento sul capitale umano quale leva di innovazione».

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