Previdenza

Cassa dottori commercialisti: più risorse per il welfare

di Mauro Pizzin

Dopo il via libera dei ministeri vigilanti, Cassa dottori commercialisti porterà dal 2% al 5% la quota dell’avanzo di amministrazione destinabile al fondo per lo sviluppo di iniziative assistenziali per incrementare gli strumenti di welfare; il suo cda potrà, inoltre, strutturare un progetto applicativo dei principi previsti dalla “legge sul dopo di noi” (112/2016), con l’obiettivo di favorire il benessere, la piena inclusione sociale e l’autonomia delle persone con disabilità gravi prive del sostegno dei familiari.

Questi due provvedimenti, resi noti ieri a Roma durante l’undicesima edizione del «Forum in previdenza», danno la misura dell’importanza che la Cassa privata assegna al welfare e al ruolo che intende ritagliarsi a sostegno agli iscritti anche durante la fase attiva della loro attività professionale.

Gli ospiti al dibattito pomeridiano del forum - intitolato «Non c’è più il futuro di una volta. Disegnare e costruire il welfare di domani» - hanno dialogato su un sistema sorto nel secondo dopoguerra grazie all’acquisizione di quei diritti sociali «che ti consentivano - ha spiegato Guido Maria Brera - di poter rischiare perché sapevi di avere una rete e un paracadute». Diritti che per lo scrittore e direttore investimenti del Gruppo Kairos con la globalizzazione sono stati oggetto di «uno scambio politico masochista con merci a basso costo». Un (pessimo) risultato che per l’ex ministro del Lavoro del Governo Monti, Elsa Fornero, è forse figlio anche del fatto che «quel welfare, nato come un grande ideale sociale, si è poi un po’ corrotto perché è diventato anche un welfare dei privilegi, squilibrato a favore delle generazioni presenti, con poco spazio per i giovani o per chi è nato in famiglie sfortunate».

«Il welfare - secondo Fornero - va ricostruito non sul debito, che rappresenta la strada comoda, ma sulla ripartizione e i trasferimenti. Dobbiamo conoscere i rischi - ha rimarcato - per selezionarli, con una integrazione anche privata».

Un “sollecito” forse non necessario per una Cassa come quella dei commercialisti, che nell’anno della pandemia ha, fra i vari interventi, erogato, 1,6 milioni di contributi agli iscritti con uno studio professionale in affitto (per quasi 2.400 domande deliberate), ha elevato da 3 a 4,2 milioni i contributi a supporto della professione (per quasi 1.600 istanze pervenute) e stanziato 450mila euro a supporto dei finanziamenti (oltre 800 domande). «Occorre imboccare – ha sottolineato il presidente della Cassa, Stefano Distilli- la giusta strada verso un nuovo welfare strategico che contempli le diverse categorie attive, comprese le libere professioni, che svolgono un ruolo impegnato e di supporto alla ripartenza del Paese, rivendicando l’inclusione negli interventi governativi».

Resta, certo, il nodo delle risorse, per le quali le Casse private lamentano anche le criticità di una doppia tassazione senza eguali in Europa e l’ancoraggio a criteri di sostenibilità a 50 anni. Almeno su quest’ultimo punto il mondo della politica sembra aperto al dialogo. «Abbiamo bisogno di permettere agli attori del welfare pubblici e privati di gestire i cambiamenti in maniera flessibile», ha sostenuto il senatore Tommaso Nannicini, che della della Commissione di controllo sull’attività degli enti previdenziali è presidente. «Non si può pensare - ha sottolineato - che l’unico vincolo per le Casse sia basato su vincoli attuariali».

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