Previdenza

Quota 100, spesi 11,6 miliardi. Ipotesi 63 anni per nuove uscite

di Marco Rogari

Quota 100 si avvicina alla fine del suo cammino mantenendo una lenta andatura. Che è confermata dall’ultimo monitoraggio dell’Inps: al 31 agosto risultano accolte dall’ente guidato da Pasquale Tridico oltre 341mila domande per un costo 11,6 miliardi, che sale a più di 18,8 miliardi nella “proiezione” fino al 2030 e che si conferma abbondantemente al di sotto di quanto ipotizzato al momento della nascita dei pensionamenti anticipati con almeno 62 anni d’età e 38 di contribuzione. Per il solo triennio 2019-2021 l’esecutivo “Conte 1” aveva stanziato 20 miliardi con una stima tecnica di 973mila pensionamenti.

E anche nel caso (probabile) in cui a fine anno le richieste effettivamente “accordate” dall’Inps si dovessero avvicinare a 400mila (alle quali si dovranno poi aggiungere gli assegni erogati con decorrenza 2022), lo scarto tra la previsione iniziale e il “consuntivo” sarebbe di quasi 500 mila trattamenti con una minor spesa, sempre nel triennio, di 6-7 miliardi, per altro già in parte utilizzati lo scorso anno per puntellare le coperture di vari provvedimenti, compresi alcuni di quelli del filone-Covid.

Ma anche di fronte a questi dati nella maggioranza continua a salire la tensione sulle misure pensionistiche da adottare nella prossima legge di bilancio. Con la Lega che spinge per prolungare, anche se in forma parziale e leggermente rivista, Quota 100 e il Pd che invece si mostra contrario a questa soluzione e che chiede nuova flessibilità in uscita con una particolare attenzione alle categorie di lavoratori impegnati in mansioni gravose. E in attesa che il ministero dell’Economia formuli (probabilmente a fine mese) la sua proposta, si prova, seppure con fatica, a individuare un possibile compromesso lunga la ”linea” dei 63 anni d’età. Che potrebbe tramutarsi in una sorta di raccordo tra l’Ape sociale, da estendere a nuove mansioni usuranti, e il nuovo meccanismo per aprire, eventualmente anche attraverso un apposito fondo, un nuovo canale ai pensionamenti anticipati nel solo settore privato e in prima battuta per le aziende in crisi.

A condizionare la scelta definitiva saranno soprattutto le risorse realmente disponibili per il capitolo pensioni della manovra, che dovrà tenere conto anche di altre voci costose su cui sono in corso altrettante partite nella maggioranza: dalla riforma degli ammortizzatori sociali alla riconfigurazione del Reddito di cittadinanza. Per la previdenza sul piatto ci dovrebbero essere circa 2 miliardi, ma la dote potrebbe salire, anche se di molto, o scendere a 1,5 miliardi sulla base delle effettive disponibilità.

Nel governo Quota 100, così com’è, non è al momento considerata una via percorribile anche nel ”format” proposto dalla Lega, a partire dal responsabile lavoro Claudio Durigon, che prevede la nascita di un fondo nazionale per il prepensionamento da utilizzare, facendo leva su uscite anticipate con almeno 62 anni e 38 di contributi, per le aziende in crisi e per quelle coinvolte nella transizione verde e nella transizione digitale. Tra i tecnici dell’esecutivo l’opzione dei 62 anni è considerata associabile solo a un requisito contributivo elevato (40-41 anni). In ogni caso a via XX Settembre da settimane si starebbe valutando il dossier prepensionamenti. E anche l’ipotesi del Fondo ad hoc sarebbe tra quelle inserite nella ”griglia”, anche perchè consentirebbe di non modificare direttamente la legge Fornero. Ma, sempre secondo alcuni tecnici dell’esecutivo, la soglia anagrafica di riferimento dovrebbe salire almeno a 63 anni. E 63 anni è anche il requisito già richiesto per accedere all’Ape sociale. Che il ministero del lavoro, e anche il Mef, vorrebbero prorogare, anche per più di un anno, allargandone possibilmente il raggio d’azione.

Su questo versante un ”peso” non trascurabile lo avranno le conclusioni, attese prima della fine del mese, della commissione tecnica istituita dal ministro Andrea Orlando per studiare la gravosità dei lavori. L’obiettivo del ministero del Lavoro è ampliare il più possibile il bacino delle mansioni gravose o pericolose che possono usufruire, con costi totalmente a carico dello Stato, all’Ape.

Sull’anticipo della sola quota retributiva dell’assegno a 63 anni si concentra anche la proposta formulata nelle scorse settimane da Tridico. E sempre a uscite flessibili con 63 anni d’età e 35 di contribuzione (che potrebbero salire a 37-38 per i lavoratori non impegnati in attività gravose) fa riferimento il meccanismo di uscite flessibili ipotizzato da tempo da Cesare Damiano, Maria Luisa Gnecchi e Pier Paolo Baretta. A chiedere a gran voce flessibilità in uscita sono anche i sindacati, con la Cgil che sollecita il governo a riaprire subito il tavolo e ad utilizzare i risparmi di Quota 100 nella previdenza.

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