Previdenza

Pensione di vecchiaia più vicina ma non per gli esodi

di Antonello Orlando

L'esodo del contratto di espansione, che ha come ultima finestra il prossimo 30 novembre, sta registrando l'applicazione da parte di Inps di previsioni dell'accesso a pensione di vecchiaia più severe rispetto al dato della speranza di vita già recepito dal ministero dell'Economia e delle Finanze.
Il prepensionamento del contratto di espansione, come esplicitato da Inps con la circolare 48/2021, termina la sua sperimentazione nel 2021 e, conseguentemente, consente l'ultimo recesso dalle aziende esodanti entro e non oltre il prossimo 30 novembre. Entro lo scorso 2 settembre i datori di lavoro interessati, con almeno 100 dipendenti anche considerando i gruppi d'impresa, hanno siglato in sede ministeriale i contratti di espansione inviando domanda di attivazione dell'esodo a Inps. Nelle settimane successive l'istituto, come descritto dal messaggio 2419/2021, ha iniziato a rilasciare le certificazioni del diritto pensionistico dei lavoratori che hanno espresso l'adesione all'esodo aziendale su base volontaria.
Trattandosi di un prepensionamento di durata massima quinquennale, l'accesso a pensione certificato da Inps va spesso al di là del 2022, ultimo anno per cui gli adeguamenti a speranza validi per la pensione di vecchiaia sono stati già consolidati con il decreto 5 novembre 2019 del Mef di concerto con il ministero del Lavoro. L'Inps, per potere fornire una data previsionale di accesso a pensione di vecchiaia (che differentemente dalla pensione anticipata, non ha registrato un congelamento della speranza di vita fino al 2026) utilizza di norma le previsioni dell'ultimo rapporto della Ragioneria generale dello Stato relativo alle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico.
Normalmente, così come già illustrato da Inps con il messaggio 2251/2019, le tabelle degli accessi a pensione si aggiornano con il nuovo anno. Tuttavia, l'ultimo rapporto (il 21, apparso il 1° settembre) ha evidenziato che a oggi l'età pensionabile di vecchiaia resterà a 67 anni fino al 2024 e non più sino al 2022, come certificato dal precedente rapporto, portando l'età pensionabile della vecchiaia a 67 anni e 3 mesi solo dal 2025 e non dal 2023.
Tale disallineamento fra le due diverse previsioni rischia di produrre l'esclusione dal contratto di espansione di numerosi lavoratori che, solo per pochi mesi, restano fuori dalla durata massima dello scivolo pensionistico di cinque anni.

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