Previdenza

Pensioni, partiti in ordine sparso: la Camera parte da nove proposte

di Marco Rogari

Una partita in due tempi. È quella che si profila sull’insidioso terreno delle pensioni. Con il governo che inserirà un pacchetto di misure sul “dopo Quota 100” nella legge di bilancio in arrivo a metà ottobre. E con le Camere che, quasi fuori tempo massimo, proveranno a dire la loro durante il passaggio parlamentare della manovra. A Montecitorio, un po’ sottotraccia anche per il silenzio calato sul dossier previdenziale con l’avvicinarsi delle amministrative di ottobre, stanno provando ad attrezzarsi, su iniziativa della presidente della commissione Lavoro, Romina Mura (Pd), e a recuperare almeno in parte il tempo perduto. L’obiettivo non troppo nascosto è, come è emerso mercoledì scorso dai lavori della Commissione, quello di alimentare velocemente un dibattito, partendo dalle nove proposte di legge sulle soglie d’accesso alla pensione presentate da inizio legislatura da quasi tutti i partiti, i cui punti di caduta vengano poi assorbiti nella legge di bilancio. Il tentativo, in altre parole, è giungere a un testo il più possibile condiviso per spianare la strada a forme di flessibilità in uscita (e, comunque, evitare un ritorno integrale alla legge Fornero) facendo leva su eventuali modifiche alle nuove misure pensionistiche, che per altro il governo deve ancora scrivere.

Il Parlamento, quasi in extremis quando mancano solo tre mesi alla conclusione della sperimentazione di Quota 100, sta insomma cercando di recuperare una sua centralità sulla materia previdenziale. Ma la discussione avviata in commissione alla Camera ha anche lo scopo di verificare la possibilità di trovare una non facile sintesi, che sia poi utile allo stesso governo, tra le varie posizioni della maggioranza, in qualche caso molto distanti come confermano i contenuti delle nove proposte di legge all’esame della Commissione (alcune “datate” visto che risalgono agli albori della legislatura). I due relatori, Carla Cantone (Pd) e, per l’opposizione, Walter Rizzetto (Fdi), lo hanno fatto capire chiaramente, e anche la presidente Mura punta a questo risultato. La fase di approfondimento «sarà utile anche per giungere alla sintesi tra proposte affini ma non uguali, mettendo da parte eventuali divisioni ideologiche», ha detto Cantone in commissione. E Rizzetto ha sottolineato, che lo sbocco del lavoro in commissione dovrebbe essere quello di «giungere a concordare un testo unitario, su cui sollecitare l’assenso del Governo, evitando che il Parlamento giunga impreparato alla prossima sessione di bilancio».

Ma non sarà facile. Tra i testi sotto i riflettori c’è, ad esempio, quello con cui il leghista Claudio Durigon proponeva a suo tempo il pensionamento anticipato al raggiungimento di 41 anni di contributi(compresi quella figurativi) a prescindere dall’età (Quota 41). Lo stesso Durigon ha fatto già sapere che la Lega è disposta a rinunciare a questa opzione ma a patto che venga prorogata di un anno Quota 100 o sia attivato un fondo ad hoc per i pensionamenti anticipati con requisiti uguali o molto simili. Una strada molto diversa da quella indicata dalla principale proposta del Pd, a firma Debora Serracchiani e Cantone (e sottoscritta anche da Mura), che punta alla “stabilizzazione” dell’Ape sociale, da estendere a nuove categorie di lavori gravosi, a rendere permanente Opzione donna, al ricorso a una “delega” per introdurre la pensione di garanzia per i giovani e alla riduzione della “soglia” di vecchiaia per le lavoratrici madri. In un’altra direzione va una delle proposte a firma Renata Polverini (Fi) che prevede la possibilità di accedere al pensionamento per i lavoratori con almeno 62 anni di età e 35 anni di contributi, a condizione che l’importo del trattamento non sia inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale e con una riduzione del 2% per ogni anno di anticipo rispetto al limite dei 66 anni. Dall’opposizione, con Rizzetto, arriva una ricetta simile: una soglia minima di 62 anni e una “massima” di 70 anni, oltre ad almeno 35 anni di contributi, con l’importo mensile dell'assegno non inferiore a 1,5 volte l’assegno sociale e con penalizzazioni decrescenti sotto i 66 anni. Tra le nove proposte depositate alla Camera ne manca una a firma M5S, che però, come è noto, punta ad evitare un ritorno secco alla “Fornero” con flessibilità in uscita, privilegiando i lavori gravosi, e possibilmente, come ha detto la viceministra all’Economia, Laura Castelli, separando previdenza e assistenza. Tante tessere diverse tra loro che devono fare tutte i conti con l’incognita costi e che non sarà semplice riunire in un unico mosaico.

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