Previdenza

Centri per l’impiego, è ancora flop sulle assunzioni

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

La porta d’accesso a Gol sono i centri per l’impiego: sono pochi (550), hanno poco personale (8mila dipendenti, più 2.481 navigator di Anpal servizi in scadenza a fine anno) e intermediano solo il 3% della forza lavoro. È su queste strutture che dovrà appoggiarsi il nuovo programma di formazione e ricollocazione che entro il 2022 dovrà coinvolgere 300mila beneficiari, per raggiungere entro il 2025 ben 3milioni tra disoccupati, cassintegrati, e percettori del Reddito di cittadinanza.

A differenza dal passato, questa volta le risorse non mancano. Gol può contare su 4,9 miliardi complessivi, i centri per l’impiego sono destinatari di 1,07 miliardi per il rafforzamento e di 464 milioni annui per le assunzioni. Ma il piano di 11.600 assunzioni nei Cpi nel triennio 2019-21 procede al rallentatore: a inizio settembre ne avevano effettuate solo 1.300, con sette regioni a quota zero. Le regioni prevedono di arrivare a 4.500 assunzioni entro l’anno, ma anche se ci riuscissero con l’uscita di scena di 2.481 navigator dal 1° gennaio 2022 il saldo sarebbe di soli circa 2mila operatori in più nei Cpi. Senza contare che la gran parte del tempo i dipendenti dei Cpi sono chiamati a svolgere pratiche amministrative, negli uffici regionali scarseggiano profili specializzati nell’intermediazione di manodopera. Dunque andrebbe ripensata anche l’attività dei Cpi, che con la digitalizzazione potrebbe liberarsi di molti adempimenti burocratici.

«Si destina una gran quantità di risorse su un sistema inefficiente e sostanzialmente rimasto immutato - sostiene Maurizio Del Conte, ordinario di Diritto del Lavoro all’università Bocconi di Milano -. Gli obiettivi da centrare riguardano i processi e non i risultati, l’attivazione di modelli essenziali di prestazioni e non i risultati occupazionali. Manca un soggetto terzo per valutare, Anpal è sotto la direzione del ministero del Lavoro».

Un’altra criticità è come garantire l’occupabilità di questi lavoratori. «Gli strumenti sono sempre gli stessi - aggiunge Lucia Valente, ordinaria di Diritto del lavoro all’università La Sapienza di Roma -, l’erogazione di Livelli essenziali delle prestazioni risalenti al 2018 e la condizionalità legata all’offerta congrua di lavoro, anch’essa rimasta del tutto inalterata. Sui Lep, finalmente riconosciuti con diritti soggettivi, si riconosce che sia il profiling qualitativo che quantitativo (risalenti a due delibere Anpal del 2016 e del 2018) non sembrano adeguati e necessitano di una revisione, considerato che esiste uno scollamento tra quello che fanno le regioni e quello che ha elaborato Anpal. Quanto all’offerta congrua che incide direttamente sulla condizionalità, bisogna tener conto delle condizioni del mercato del lavoro locale, dei titoli di studio, delle aspirazioni personali, delle competenze digitali e linguistiche, dell’autonomia negli spostamenti e di vincoli come i compiti di cura e le fragilità della persona». È tutto ancora da definire, poi, il ruolo delle più performanti Agenzie per il lavoro che potrebbero dare un importante contributo nell’incrocio tra domanda e offerta di lavoro.

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