Previdenza

Assegno unico a 11 milioni di figli

di Marco Mobili e Gianni Trovati

Le ambizioni strutturali dell’assegno unico che ha avuto ieri il primo via libera in consiglio dei ministri sono misurabili in due numeri chiave: oltre 7 milioni di famiglie interessate e poco più di 19 miliardi di euro di costo a regime.

Non sono tutti nuovi, ovviamente. Ma rispetto ai diversi strumenti che compongono l’attuale quadro frastagliato dei sostegni alla famiglia la spinta aggiuntiva vale alla fine fra i 6,6 e i 7 miliardi a seconda degli anni, resi disponibili dal fondo creato dalla legge di bilancio e rifinanziato dal decreto fisco-lavoro di ottobre (il Dl 146/2021). Il resto delle risorse che convergono sull’assegno unico arriva dal fatto che il nuovo strumento andrà a sostituire le componenti legate ai figli nell’assegno al nucleo (5 miliardi) e nelle detrazioni Irpef per carichi famigliari (6 miliardi), accanto ad altre voci come i 400 milioni che fino a quest’anno hanno finanziato il bonus bebè e i 370 milioni per gli assegni extra riservati alle famiglie con più figli.

L’incremento netto delle risorse serve a sostenere il carattere universale dell’assegno, che si materializza nella platea dei destinatari. Ad avere diritto al sostegno pubblico, destinato ad entrare in vigore a marzo dopo un periodo ponte di due mesi in cui resteranno in campo i meccanismi attuali, saranno tutti i nuclei famigliari italiani con figli. Questo accade perché la componente di base dell’assegno, 50 euro per figlio minorenne e 25 per i maggiorenni fino a 21 anni, è appunto «universale», cioè potenzialmente destinata a tutte le famiglie a prescindere dalla loro situazione reddituale e patrimoniale. La platea effettiva stimata dal governo è un po’ inferiore, anche perché con l’eccezione dei titolari di reddito di cittadinanza destinati a ricevere il nuovo assegno automaticamente, sarà necessario fare domanda per ottenere il trattamento. Ma i numeri rimangono importanti: l’aiuto andrà a oltre 7 milioni di famiglie, che per metà riceveranno l’importo pieno dal momento che il loro Isee non supera i 15mila euro l’anno da cui parte il decalage, e sarà collegato a oltre 11 milioni di figli.

«È una misura storica», chiosa la ministra per le Pari opportunità e la Famiglia Elena Bonetti (Iv) che sta portando al traguardo il progetto in perfetta continuità fra il Conte-2 e il governo Draghi nonostante gli scossoni politici di inizio anno. E che ieri ha incassato anche il via libera della Camera al disegno di legge sul Family Act con misure per l’occupazione femminile e l’armonizzazione dei tempi di vita e di lavoro. I numeri dell’assegno unico «mettono l’Italia al pari delle migliori esperienze europee», sostiene Stefano Lepri (Pd), relatore della delega attuata con il decreto di ieri.

L’obiettivo insomma è alto almeno quanto la difficoltà della sfida da affrontare, rappresentata da quel lungo impoverimento demografico che ha portato in Italia le nascite sotto le 400mila all’anno (erano 543mila nel 2000) e che mette a rischio la struttura del Paese a partire da Pil, sistema scolastico e previdenza. Ora le commissioni parlamentari e la Conferenza Unificata avranno 30 giorni per i pareri, che non dovrebbero sollevare problemi particolari e in ogni caso non potranno fermare il meccanismo di approvazione destinato a chiudersi con il via libera definitivo del governo entro la fine dell’anno.

Ma non sono solo i numeri generali a definire l’impianto strutturale di quello che pur arrivando in attuazione di una delega specifica si presenta nella sostanza come il primo modulo della riforma fiscale più complessiva, che punta a riconfigurare il sistema ripulendolo dalle componenti più estemporanee per costruire un’architettura coerente. L’impianto dell’assegno unico poggia su un fondamento strutturale che riconosce alle famiglie con una situazione patrimonial-reddituale meno fortunata 175 euro al mese per ogni figlio minorenne, e 85 euro per i maggiorenni fino a 21 anni, e fa scendere l’importo con l’aumentare di reddito e patrimonio fino alla cifra universale di 50 e 25 euro al mese ricordata sopra.

Su questa base innesta poi delle maggiorazioni, che riconoscono un contributo aggiuntivo alle condizioni famigliari giudicate meritevoli di una tutela maggiore. Due su tutte: le famiglie più numerose, aiutate dagli 85 euro al mese (fino a 15mila euro di Isee, poi a scendere fino a 15 euro al mese per le famiglie più abbienti) a partire dal terzo figlio e con altri 100 euro al mese a forfait per famiglia quando i figli sono almeno quattro, e i disabili, a cui vengono riconosciuti 105 euro aggiuntivi al mese in caso di non autosufficienza, 95 quando la disabilità è grave e 85 quando è media, e 85 euro al mese (anche qui con decalage in base all’Isee) quando il figlio disabile è maggiorenne. Nel novero delle tutele entrano poi le giovani madri fino a 21 anni, che riceveranno 20 euro al mese in più. Nel raggio d’azione dell’aiuto rientreranno anche i cittadini extra-comunitari, a patto di avere un permesso di soggiorno o di lavoro per almeno sei mesi.

Sotto la lente

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