Previdenza

Permesso unico oltre 6 mesi per il welfare agli stranieri

di Marco Noci

Ai fini della fruizione delle prestazioni familiari sono equiparati ai cittadini italiani gli stranieri titolari di permesso unico lavoro autorizzati a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a 6 mesi, nonché gli stranieri con permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzati a soggiornare per un periodo superiore a 6 mesi. Lo ha stabilito l’articolo 3 della legge europea 2019-2020 (legge 238/2021), che modifica o integra disposizioni vigenti nell’ordinamento nazionale per adeguarne i contenuti al diritto europeo.

L’articolo 3 tratta delle disposizioni relative alle prestazioni sociali accessibili ai cittadini stranieri titolari di alcune categorie di permessi di soggiorno per lavoro, studio e ricerca con l’obiettivo di sanare , rivisitando la normativa italiana vigente, una procedura d’infrazione (2019/2100) avviata dalla Commissione europea per un infelice recepimento delle disposizioni contenute nella direttiva 2011/98/Ue.

La materia è trattata dall’articolo 41 del Testo unico immigrazione (Dlgs 286/1998), il quale prevede la piena equiparazione dei cittadini stranieri agli italiani «ai fini della fruizione delle provvidenze e delle prestazioni, anche economiche di assistenza sociale», condizionandola alla titolarità di un «permesso di soggiorno di durata non inferiore ad un anno».

Per adeguarsi alla normativa Ue che non richiede una durata temporale minima del soggiorno per l’accesso alle prestazioni di sicurezza sociale, sono introdotte delle modifiche all’articolo 41 per quanto concerne i minori, facendo riferimento alla loro diretta titolarità del permesso di soggiorno senza l’iscrizione nel permesso di soggiorno genitoriale. Si stabilisce, inoltre, che il limite di durata di un anno del permesso di soggiorno varrà per i titoli di soggiorni diversi da quelli oggetto dei nuovi commi 1-bis e 1-ter.

Il nuovo comma 1-bis, in particolare, dispone poi l’equiparazione ai cittadini italiani: degli stranieri titolari di permesso unico lavoro; degli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di studio, i quali svolgano un’attività lavorativa o l’abbiano svolta per un periodo non inferiore a sei mesi e abbiano dichiarato la loro immediata disponibilità allo svolgimento della stessa in base all’articolo 19 del Dlgs 150/2015; degli stranieri titolari di permesso di soggiorno per motivi di ricerca. Alle categorie di cittadini stranieri sopra richiamate si riconosce, pertanto il diritto a ricevere lo stesso trattamento riservato ai cittadini italiani per quanto riguarda le prestazioni di sicurezza sociale.

Se questo è il nuovo contesto normativo va però segnalata in materia di reddito di cittadinanza la sentenza 19/2020, dello scorso 25 gennaio, con cui la Corte costituzionale ha ritenuto legittimo subordinare la sua erogazione agli extracomunitari al possesso del permesso di soggiorno Ue per soggiornanti di lungo periodo, non ritenendolo una mera provvidenza assistenziale.

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