Risparmio pensionistico portabile in tutti i Paesi dell’Unione europea
Lo schema di decreto legislativo recante l’attuazione del regolamento (Ue) 2019/1238 sui Pepp (Prodotto pensionistico individuale paneuropeo), approvato dal Consiglio dei ministri lo scorso 5 maggio e trasmesso all'esame delle Camere, ha destato l’interesse degli operatori per alcune novità di rilievo.
Il regolamento definisce il Pepp come un prodotto di previdenza integrativa ad adesione individuale, che si affianca ai prodotti esistenti e che non incide sugli attuali schemi di previdenza obbligatoria e complementare. In particolare, il Pepp si basa su un contratto concluso su base volontaria tra il singolo e il soggetto emittente (banche, assicurazioni, Sgr e così via), che prevede l’accumulo di un capitale a lungo termine con l’obiettivo di generare un reddito al momento del pensionamento.
La più evidente peculiarità rispetto agli strumenti già esistenti è la sua portabilità nei vari Paesi dell’Unione, mediante un sistema di sottoconti nazionali; caratteristica che, secondo gli auspici del legislatore europeo, dovrebbe rendere «il prodotto più attrattivo, soprattutto per i giovani e i lavoratori mobili» e che «contribuirà a facilitare ulteriormente il diritto dei cittadini dell’Unione di vivere e lavorare in tutta l’Unione».
Il Regolamento contiene la disciplina comune su istituti quali, ad esempio, l’istituzione, la registrazione, la distribuzione, il trasferimento e la vigilanza; altri, come le fasi di accumulo e decumulo, sono invece soggetti alla legislazione nazionale.
Proprio con riferimento alle condizioni di accumulo, l’articolo 10 del decreto prevede che il finanziamento possa essere attuato, su base volontaria, mediante il versamento di contributi a carico del risparmiatore o del suo datore di lavoro o committente. L’esclusione del Tfr maturato e maturando dall’ambito delle possibili fonti di finanziamento del Pepp – benché non esplicitata nel decreto legislativo, ma chiaramente menzionata nella relazione di accompagnamento – risponde agli intendimenti del legislatore comunitario di creare un terzo pilastro della previdenza che si affianchi agli schemi già esistenti e che risulti alternativo ai fondi aperti ad adesione individuale e ai Pip.
D’altra parte, l’esclusione del Tfr sottrae al Pepp una voce di finanziamento rilevante e che resta disponibile esclusivamente per le forme di previdenza integrativa già presenti sul mercato. Risulta altresì confermata la possibilità di dedurre, secondo le previsioni del Dlgs 252/2005, i versamenti effettuati sia in proprio che a favore di familiari fiscalmente a carico, per un importo non superiore a 5.164,57 euro.
Relativamente alle opzioni di decumulo, invece, il decreto mantiene ferme tutte le forme di liquidazione previste dal Dlgs 252/2005 in merito ad anticipazioni, riscatti e alla rendita integrativa temporanea anticipata, prospettando altresì la disponibilità di ulteriori opzioni nella parte in cui si riferisce ai cosiddetti prelievi e alla possibilità di beneficiare, sempre e in via generalizzata, della prestazione interamente in capitale in alternativa alla rendita, soggiacendo però alla tassazione più gravosa del 23% rispetto alla tassazione agevolata tipica delle prestazioni di previdenza complementare (15%, che può ridursi fino ad un minimo del 9% in base agli anni di partecipazione nel sottoconto italiano).
Quanto alla portabilità, il decreto prevede che il trasferimento della posizione avvenga in esenzione di imposta e che si applichi una voce di costo massima (ossia lo 0,2%) inferiore ai limiti previsti dal regolamento.
Difficile prevedere se i Pepp riusciranno a riscuotere l’effettivo interesse del mercato. Essi potranno comunque costituire un presidio per favorire, sotto il profilo della previdenza integrativa, le esperienze all’estero delle giovani generazioni, anche in termini di crescita del senso di appartenenza e di cittadinanza europea.