Previdenza

Pensione anticipata per i lavoratori delle aziende in crisi

di Maria Carla De Cesari

Sistema previdenziale sempre più frammentato, complici anche la crisi Covid e la necessità di attutire gli effetti socio-economici negativi. L’articolo 1, comma 89, della legge 30 dicembre 2021 n. 234 ha previsto – per il 2022, 2023 e 2024 – un’altra possibilità di uscire prima dal lavoro, con la dote di un’indennità quasi pari alla pensione: l’assegno “provvisorio” sarà pagato fino al perfezionamento del diritto pensionistico.

Si tratta di un “ammortizzatore pensionistico” per le imprese piccole e medie in crisi, che concordino con le rappresentanze sindacali e con i lavoratori (l’adesione è volontaria) un accordo per le uscite anticipate. La misura è finanziata con 150 milioni per quest’anno e con 200 milioni per il 2023 e altrettanti per il 2024. Si calcola che potranno essere coinvolti da 10mila a 20mila dipendenti. L’intervento, messo in campo dalla legge di Bilancio 2022, è disciplinato da un decreto dello Sviluppo economico la cui pubblicazione è attesa a giorni.

La platea è costituita da imprese che occupano mediamente tra 15 e 250 dipendenti, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni oppure il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni: il requisito è aver subito una diminuzione media del fatturato nei 12 mesi antecedenti la richiesta di almeno il 30% rispetto alla media del fatturato dell’anno 2019. L’altra condizione è la firma di un accordo collettivo aziendale per l’uscita anticipata dei lavoratori: gli interessati dovranno prestare un consenso scritto.

L’uscita anticipata può essere al massimo di tre anni: entro il 31 dicembre 2024, infatti, si deve raggiungere o l’età della pensione di vecchiaia (67 anni di età e almeno 20 anni di contributi) o l’età del pensionamento anticipato (42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), ma in questo caso si richiedono almeno 62 anni.

Ai lavoratori che firmano l’accordo e che risolvono il rapporto di lavoro è riconosciuta, in ragione delle risorse disponibili nel fondo, fino al raggiungimento del primo diritto a pensione, un’indennità mensile, ove spettante comprensiva dell'indennità Naspi, commisurata al 90% del trattamento pensionistico lordo maturato dal lavoratore al momento della cessazione del rapporto di lavoro.

Se la prima decorrenza utile per la pensione è quella per l’assegno anticipato al lavoratore sono pagati anche contributi figurativi. L’indennità, corrisposta dall’Inps, spetta – come detto – se si cessa l’attività lavorativa; nel momento in cui si maturerà il diritto a pensione si percepirà l’assegno pensionistico.

La domanda deve essere presentata all’Inps dall’azienda almeno 90 giorni prima della data di risoluzione del rapporto dei lavoratori interessati. I requisiti dei dipendenti possono essere oggetto di autocertificazione/ autodichiarazione da parte dell'impresa. Il dossier deve comprendere l’accordo collettivo con l’elenco dei lavoratori interessati all’esodo, con l’accettazione della risoluzione consensuale. L’Inps esaminerà le domande in ordine cronologico potendo chiedere al ministero dello Sviluppo Economico la verifica, anche a campione, dei requisiti per l'accesso dichiarati dalle imprese.

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