Previdenza

Assegno unico, fuori un milione di famiglie. In stand by i correttivi

Arrivate finora richieste per 9,1 milioni di figli, meno rispetto alle stime iniziali. Erogati 5,6 miliardi: nessun accordo sui risparmi del 2022

di Michela Finizio

Un milione di famiglie non ha ancora chiesto l’assegno unico e universale, la misura di sostegno per chi ha figli partita a marzo 2022, una delle riforme più importanti varate del Governo Draghi. Promossa in passato da più parti politiche, è stata fortemente voluta dal premier uscente e in queste ore diventa forse la sua eredità più concreta per le famiglie italiane, di fatto l’unica arma di contrasto in vigore contro il declino demografico.

La platea da raggiungere

I numeri sulle domande inviate e le criticità segnalate nei primi mesi raccontano, però, quanto ci sia ancora da fare per rendere l’assegno davvero «rivoluzionario», come definito dalla ministra per la Famiglia Elena Bonetti, che lo ha fortemente voluto. Il 15 luglio scorso avevano fatto domanda 5,63 milioni di famiglie, circa un milione in meno rispetto alle stime iniziali di 7,1 milioni aventi diritto. L’adesione è cresciuta di mese in mese, fino a stabilizzarsi. Anche perché dal 1° luglio non è più possibile ottenere le mensilità arretrate, riconosciute da marzo.

Mentre si sospetta (si veda l’intervista in basso) che inizialmente la platea sia stata sovrastimata, qualcuno - come accadeva per gli assegni al nucleo familiare - potrebbe non avere interesse a richiederlo; qualcun’altro, per carenza di strumenti o di informazione, non sa ancora di doverlo fare. È stato lo stesso premier Draghi, del resto, nel suo recente discorso alla stampa estera a definire la riforma dell’assegno unico come «una straordinaria decisione che ha avuto relativamente poca attenzione dai media».

Fatto sta che, stando a queste cifre, sembra inevitabile che rispetto ai fondi stanziati - in parte provenienti dall’abolizione delle vecchie misure, in parte raccolti nel Fondo ad hoc - nel 2022 ci sarà un risparmio. «Sarà cruciale riutilizzare le risorse residue per potenziare la misura stessa», chiede Gigi De Paolo, presidente del Forum delle associazioni familiari. Un risparmio alimentato anche dal fatto che una famiglia beneficiaria su cinque ancora non ha presentato l’Isee e, quindi, ha diritto alla sola quota minima.

Con la crisi di Governo resta congelata anche la discussione proprio sull’indicatore della situazione economica in base al quale è modulato l’assegno, avviata in seguito alla volontà espressa da alcuni partiti di “pesare” meno la prima casa oppure di rendere meno incisivo il peso patrimonio. Ad aprire un tavolo sul punto era stata pochi mesi fa la ministra Bonetti, ma se ci fossero risorse sufficienti la questione potrebbe passare in secondo piano: basterebbe ridurre la progressività e aumentare gli importi spettanti.

Le criticità da superare

In pratica dopo il primo anno di rodaggio, in base alle caratteristiche effettive della platea, si renderà necessario un check up della misura. Finora sono stati erogati circa 5,6 miliardi di euro e le famiglie raggiunte dall’ultima tranche di pagamenti rilevati dai dati Inps (quella di giugno) sono stati circa 4,6 milioni, in pratica il 90% delle famiglie che hanno presentato domanda entro fine maggio. Le altre sono istanze ancora in istruttoria, che riscontrano problematiche sulle coordinate bancarie o che si sovrappongono a pratiche inviate per il reddito di cittadinanza da membri dello stesso nucleo familiare. Restano ancora aperte, infine, alcune criticità: mentre il Dl Semplificazioni, anche se solo per quest’anno, ha adeguato gli importi - inizialmente penalizzanti - per i figli disabili, restano ancora esclusi invece i figli dei transfrontalieri: per loro serve un intervento normativo.

Resta da attuare il Family act

Infine va realizzato anche il disegno complessivo del Family act, di cui l’assegno è protagonista: la legge delega n. 32/2022, approvata lo scorso aprile ed entrata in vigore il 12 maggio, inserisce la nuova misura nel quadro di una serie di provvedimenti, da attuare nei prossimi mesi. «Quello che abbiamo costruito - ha detto la ministra Bonetti - è una visione di investimento nelle politiche familiari».

Nel dettaglio, entro maggio 2023 va approvato - con uno o più decreti legislativi - il riordino delle misure di sostegno per l’istruzione e l’educazione dei figli. Ed entro maggio 2024 il rafforzamento e riordino della disciplina sui congedi parentali e di paternità, sugli incentivi al lavoro femminile e le misure di sostegno per la formazione dei figli e per il conseguimento della loro autonomia finanziaria. Misure, queste ultime, che avrebbero potuto iniziare a prendere forma già nella manovra di fine anno. In particolare si era parlato di potenziare oltre i dieci giorni il congedo di paternità obbligatorio e di rinnovare le agevolazioni - in scadenza il 31 dicembre 2022 - per l’acquisto della prima casa a favore degli under 36, introdotte per la prima volta sempre da Draghi l’anno scorso con il decreto Sostegni bis.

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