Previdenza

Contratto di espansione penalizzato dai vincoli sulla certificazione Inps

di Enzo De Fusco e Carmelo Fazio

Con il contratto di espansione, le aziende sono vincolate a una procedura di 90 giorni per verificare il diritto dei dipendenti al prepensionamento. Lo ha stabilito la circolare Inps 88/2022.

Con il messaggio 2419/2021, l'istituto ha formalizzato una specifica procedura di certificazione del diritto a pensione necessaria ad attivare lo scivolo pensionistico. Il sistema prevede la possibilità di interrogazione attraverso l'inserimento del codice fiscale di un singolo lavoratore o di una pluralità con forma di caricamento massivo. Una volta forniti i dati, l'Inps indirizza le richieste alle sedi territoriali che, a rigore della prassi amministrativa, devono definire le singole posizioni entro 15 giorni. L'esito di ciascuna domanda viene messo a disposizione dell'azienda, corredato, nel caso di verifica positiva, della prima data di accesso a pensione.

Su questa impostazione, tutto sommato molto efficace, interviene la circolare 88/2022. Per la prima volta, l'Inps precisa che la domanda di certificazione del diritto va presentata almeno 90 giorni prima della data d'ingresso alla prestazione del primo lavoratore che può essere interessato dal piano di prepensionamento.

Questa impostazione, però, presenta due criticità:
1) il datore di lavoro non conosce le posizioni individuali dei dipendenti e le scopre solo con la certificazione, per cui non è chiaro come far rispettare il termine dei 90 giorni;
2) poiché la circolare 88 ha imposto, per il 2022, l'uscita dei lavoratori non oltre il 30 novembre, i contratti di espansione sottoscritti in autunno non saranno in grado di far uscire i lavoratori nei tempi stabiliti.

Un'ulteriore criticità è rappresentata dal fatto che la circolare non determina le conseguenze del mancato rispetto del termine di 90 giorni e ciò significa che le sedi territoriali interessate potrebbero adottare i comportamenti più disparati.

Altro aspetto, ancora più rilevante, è l'introduzione di un numero massimo di richieste per certificare il diritto dei lavoratori. L'Inps, infatti, specifica che il numero di domande di certificazione a cui può aver accesso il singolo datore è pari al numero dei dipendenti indicati nel contratto di espansione maggiorato del 20 per cento. Questa impostazione, non prevista dalla legge, rischia di penalizzare gli stessi lavoratori: l'esperienza di questi primi anni di applicazione del contratto di espansione dimostra che le adesioni al piano di prepensionamento sono molto superiori al numero di uscite programmate.

Il problema per le aziende, però, è proprio quello di sapere chi, degli aderenti, ha effettivamente il diritto a uscire. E quindi la richiesta di certificazione di un numero maggiore di lavoratoti rispetto a quelli indicati nel contratto tende proprio a tutelare quelli che cronologicamente hanno presentato la domanda successivamente a chi è privo del diritto. Pertanto, se il contratto di espansione prevede il prepensionamento di 300 lavoratori e le adesioni pervenute sono 500, l'azienda – se si comprende bene la circolare – non può richiedere la certificazione per un numero superiore a 360 unità, rischiando così di lasciare esclusi gli ulteriori lavoratori.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©