Adempimenti

L’Inps spiega il regime fiscale degli assegni di divorzio

di Salvatore Servidio

In caso di separazione o divorzio, il giudice può stabilire l'obbligo in capo a uno dei coniugi di provvedere al mantenimento dell'altro, attraverso la corresponsione di assegni periodici, di solito mensili, di un determinato importo. L'assegno divorzile presuppone, oltre alla cessazione definitiva del matrimonio, una situazione di necessità del coniuge beneficiario, il quale deve essere nella condizione di non avere mezzi adeguati di sostentamento e di non poter procurarseli per ragioni oggettive (ad esempio per inabilità fisica che non gli consente di lavorare).
L'assegno divorzile è un diritto di credito imprescrittibile, irrinunciabile e indisponibile che un ex coniuge vanta nei confronti dell'altro, fino al momento in cui il beneficiario stesso passi a nuove nozze oppure l'obbligato muoia o fallisca.
La principale ratio di questa provvidenza è garantire anche all'ex coniuge economicamente più debole la possibilità di mantenere lo stesso tenore di vita avuto in costanza di matrimonio (art. 5, c. 6, legge n. 898/1970).
Ciò posto, con messaggio del 18 maggio 2017, numero 2074, l'Inps ha chiarito come devono essere considerati, dal punto di vista fiscale, l'assegno di mantenimento e l'assegno di divorzio, avuto riguardo al criterio della periodicità.

Tassazione assegno di mantenimento - Dal punto di vista fiscale, l'assegno periodico di mantenimento all'ex coniuge riveste una duplice caratteristica e precisamente:

1) per il coniuge beneficiario costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente (articolo 50, comma 1, lettera i, del Dpr 917/1986). Secondo l'agenzia delle Entrate (risoluzione 153/E/2009), il legislatore, nell'assimilare gli assegni di mantenimento ai redditi di lavoro dipendente ha tenuto conto del fatto che gli stessi sono corrisposti con cadenza periodica e, come tali, assimilabili al pagamento di una retribuzione stabilita a tempo e potenzialmente vitalizia. Detti assegni periodici si presumono percepiti, salvo prova contraria, nella misura e alle scadenze risultanti dai relativi titoli. Pertanto l'assegno di mantenimento, se erogato con cadenza periodica, costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente imponibile ai fini Irpef con il riconoscimento delle detrazioni d'imposta;

2) per il coniuge erogante costituisce un onere deducibile dal reddito. L'articolo 10, comma 1, lettera c, del Tuir, stabilisce infatti che «dal reddito complessivo si deducono, se non sono deducibili nella determinazione dei singoli redditi che concorrono a formarlo, i seguenti oneri sostenuti dal contribuente … lett. c) gli assegni periodici corrisposti al coniuge, ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria».
Ne consegue che l'assegno di mantenimento all'ex-coniuge può essere dedotto dal reddito a condizione che sia corrisposto periodicamente e che il suo ammontare sia stabilito da un provvedimento dell'autorità giudiziaria. In tal caso, l'assegno di mantenimento costituisce reddito assimilato a quello di lavoro dipendente imponibile ai fini Irpef con il riconoscimento delle relative detrazioni d'imposta (articolo 13, comma 5-bis, del Tuir), purchè erogato con cadenza periodica.
Nella risoluzione 153/E/2009, l'agenzia delle Entrate ha precisato infatti che la locuzione «assegni periodici» prevista dalla legge impedisce la deduzione dal reddito complessivo del contribuente delle somme corrisposte al coniuge in un'unica soluzione. L'interpretazione letterale della normativa, infatti, impedisce la deduzione dal reddito complessivo del contribuente delle somme corrisposte al coniuge in un'unica soluzione, considerato anche che una diversa interpretazione contrasterebbe con il principio di tassatività degli oneri deducibili (agenzia delle Entrate, circolare 50/E/2002).
Non hanno quindi natura reddituale gli assegni corrisposti in unica soluzione, «i quali rappresentano sostanzialmente una transazione in ordine alle pregresse posizioni patrimoniali dei coniugi». Per detti assegni, non è prevista alcuna tassazione in capo al beneficiario, né alcuna deduzione per il soggetto che li corrisponde. La possibilità di rateizzare il pagamento costituisce solo una diversa modalità di liquidazione dell'importo pattuito tra le parti e non va quindi confuso con la corresponsione periodica dell'assegno, il cui importo è invece rivedibile nel tempo (Cassazione 11504/2017, relativa a un clamoroso caso di cronaca).

Tassazione dell'assegno di divorzio - La corresponsione di un assegno una tantum divorzile, anche se frazionato in rate, non costituisce onere deducibile per il soggetto erogatore e non assume rilevanza reddituale per il soggetto percettore. Secondo l'agenzia delle Entrate (risoluzione 448/E/2008), la somma corrisposta al coniuge è ammessa in deduzione solo nella misura determinata dal provvedimento dell'autorità giudiziaria. In caso di mancata distinzione nel provvedimento giudiziario, il beneficio fiscale viene riconosciuto al 50%, come previsto dall'articolo 3 del Dpr 42/1988 (si veda la circolare 95/E/2000 delle Entrate).
Pertanto, le maggiori somme corrisposte al coniuge a titolo di adeguamento Istat potranno essere dedotte solo nel caso in cui la sentenza del giudice preveda un criterio di adeguamento automatico dell'assegno dovuto al coniuge medesimo. In sostanza, resta esclusa la possibilità di dedurre assegni corrisposti volontariamente dal coniuge al fine di sopperire alla mancata indicazione da parte del tribunale di meccanismi di adeguamento dell'assegno di mantenimento.
Quindi se l'adeguamento dell'assegno divorzile non è previsto nella sentenza di separazione le somme corrisposte a tale titolo sono considerate volontarie e quindi sono indeducibili dal reddito del soggetto erogante.

Assegni pregressi scaduti o non pagati - Con riguardo agli assegni periodici pregressi scaduti o rimasti insoluti, la Cassazione (ordinanza 4402/2014) ha riconosciuto la deducibilità degli stessi in capo al soggetto erogante anche se corrisposti in un'unica soluzione, in quanto la corresponsione in un'unica soluzione non ne modifica la natura di "assegno periodico". Tuttavia, per il percettore dette somme non potranno mai essere assoggettate a tassazione separata (articolo 17 del Tuir). In ogni caso, per il percettore non è possibile assoggettare a tassazione separata gli assegni per alimenti percepiti a titolo di arretrato. Gli stessi vanno tassati ordinariamente nell'anno di percezione, in quanto la nozione di emolumenti arretrati è riferibile soltanto ai lavoratori dipendenti e altre specifiche categorie di lavoratori assimilati. Inoltre, ai fini della collocazione temporale del riconoscimento della deduzione dal reddito nonché per la valenza reddituale si rammenta che rileva il criterio di cassa.
Assegni di mantenimento figli - La deduzione è ammessa solo in relazione all'assegno di mantenimento del coniuge e non anche del figlio. Se nel provvedimento del giudice manca la distinzione tra assegno per coniuge e assegno per figli nel provvedimento giudiziale, il beneficio fiscale viene riconosciuto al 50 per cento. Va comunque rammentato che la giurisprudenza (Cassazione 13424/2014) ha stabilito in proposito che l'assegno versato in un'unica soluzione non esclude il contributo in favore dei figli. Infatti, l'accordo raggiunto tra le parti non può esplicare effetti sui minori che hanno diritto all'assistenza fino al raggiungimento dell'indipendenza economica.

Garanzia per l'adempimento - È interessante evidenziare, infine, le speciali forme di garanzia che l'ordinamento ha posto a tutela di questo peculiare diritto di credito, soprattutto a seguito delle modifiche introdotte dalla novella del 1987 (legge 74/1987), in aggiunta ad altre eventuali forme che il giudice può sempre disporre (ad es., iscrizione di ipoteca su un immobile dell'obbligato, pignoramento dei suoi beni, del suo stipendio o della sua pensione). L'assegno divorzile, infatti, non solo può essere pagato anche da terzi (come previsto per l'assegno di mantenimento a seguito di separazione personale), ma è data al beneficiario perfino la possibilità, senza ricorrere al giudice, di richiedere direttamente al datore di lavoro dell'obbligato fino alla metà di quanto gli spetta, avendo addirittura un'azione esecutiva nei confronti del datore stesso, in caso d'inadempimento (si veda l’articolo 898/1970).

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