Adempimenti

Macron riformerà il lavoro per decreto

di Marco Moussanet

Il Governo francese ha avviato la riforma del diritto del lavoro, primo vero test politico e sociale per Emmanuel Macron. Il Consiglio dei ministri ha infatti varato ieri la proposta di legge con la quale chiede l’autorizzazione a procedere per decreti al fine di applicare al più presto le varie misure previste. Il provvedimento – sulla cui approvazione non c’è alcun dubbio, vista la schiacciante maggioranza parlamentare del partito del presidente - sarà all’esame dell’aula a fine luglio. E i decreti saranno emanati in settembre. Nel frattempo proseguirà il negoziato con le parti sociali.

Le misure annunciate – che dovrebbero finalmente inserire nel sistema una forte dose di flessibilità e supportare l’obiettivo di arrivare nel 2022 a un tasso di disoccupazione del 7%, rispetto all’attuale 9,4% - sono numerose (e alcune ancora vaghe), ma i punti chiave sono sostanzialmente quattro.

Il primo riguarda la prevalenza degli accordi a livello di impresa rispetto a quelli nazionali di categoria, in particolare sui temi della durata e dell’organizzazione dell’orario. In pratica ci dovrebbe essere la possibilità per le aziende di raggiungere intese anche peggiorative (dal punto di vista sindacale), che di fatto consentirebbero di aggirare le rigidità della legge del 2002 sulle 35 ore.

Il secondo concerne la fissazione di tetti alle indennità di licenziamento in caso di contenzioso. Attualmente il loro ammontare è lasciato alla discrezionalità dei giudici del lavoro. Con il risultato che ci sono enormi differenze e soprattutto c’è una situazione di incertezza che spinge i datori di lavoro a preferire i contratti a tempo determinato rispetto a quelli a tempo indeterminato.

Il terzo affronta la delicata questione della consultazione dei dipendenti sugli accordi raggiunti con il consenso di sigle sindacali che “pesano” per almeno il 30 per cento. Le altre, se sufficientemente rappresentative, possono porre il veto sull’intesa. L’intento è consentire ai sindacati firmatari e agli imprenditori di ricorrere a un referendum dall’esito vincolante. Scomparirebbe insomma il “tabù” dell’accordo maggioritario e i sindacati del “no” verrebbero ridimensionati.

Verranno infine modificate le norme sui gruppi internazionali. Oggi non possono realizzare piani di ristrutturazione, con tagli occupazionali, su un singolo impianto francese che va male se i conti complessivi del gruppo sono positivi. In futuro questo dovrebbe essere possibile.

Chissà che non sia insomma la volta buona per riforme di cui la Francia ha bisogno da tempo e che non è mai riuscita a concretizzare pienamente. Per il momento Macron si è mosso bene. Intanto ha ampiamente e chiaramente annunciato queste misure in campagna elettorale (contrariamente a quanto aveva fatto il suo predecessore Hollande, scatenando la protesta sindacale). Ha poi deciso di muoversi subito – quando il suo livello di popolarità e di consenso è al massimo – e rapidamente. Senza peraltro trascurare un lungo e approfondito processo di confronto con le parti sociali. Tant’è che la grande maggioranza dei sindacati sembra disponibile ad accordi almeno su alcuni punti. Con la sola, solita, eccezione della Cgt che ha già annunciato una «giornata di scioperi e mobilitazione» per il 12 settembre.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©