Adempimenti

«La stretta di Londra sui lavoratori dalla Ue sarebbe catastrofica»

di Nicol Degli Innocenti

La stretta sull’immigrazione dall’Unione Europea proposta dal Governo britannico sarà «catastrofica» per l’economia, hanno avvertito ieri le associazioni imprenditoriali e di settore. La premier Theresa May ha però difeso la strategia di limitare gli arrivi, dichiarando in Parlamento che «bisogna ridurre l’immigrazione, è quello che gli elettori hanno chiesto votando a favore di uscire dalla Ue».

La polemica non accenna a placarsi dopo la pubblicazione di un documento con le proposte del ministero dell’Interno sul regime post-Brexit, che ha rivelato come Londra intenda bloccare la libera circolazione delle persone subito dopo l’uscita dalla Ue e limitare a due anni la permanenza nel Paese di cittadini europei.

Le proposte non sono state ufficialmente approvate e quindi potrebbero essere modificate, ma danno una chiara idea delle intenzioni del Governo. La priorità è «portare benefici alla Gran Bretagna e ai suoi cittadini».

I cittadini Ue che arriveranno in Gran Bretagna dopo Brexit dovranno presentare un passaporto alla frontiera: le carte d’identità nazionali non saranno più accettate. Chi vuole risiedere nel Paese per più di qualche mese dovrà ottenere un permesso temporaneo con dati biometrici.

I lavoratori non qualificati potranno risiedere nel Paese per un massimo di due anni. I lavoratori qualificati, se considerati necessari, potranno avere un permesso di lavoro tra i tre e i cinque anni. Alle imprese è richiesto di assumere lavoratori britannici, «dando preferenza nel mercato del lavoro ai residenti legittimi. È più importante che mai sviluppare i talenti nazionali per costruire un’economia forte e competitiva».

La reazione delle imprese non si è fatta attendere. Diverse associazioni hanno protestato in particolare per la chiusura ai lavoratori non qualificati, che potrebbe secondo loro paralizzare interi settori. Secondo dati ufficiali i lavoratori Ue rappresentano oltre il 20% della forza lavoro in 18 settori. Nella ristorazione e ospitalità sono cittadini Ue il 75% dei camerieri e il 25% degli chef.

«Le proposte dimostrano una profonda incomprensione del contributo vitale che i lavoratori Ue danno al nostro settore a tutti i livelli», ha detto Ian Wright, direttore generale della Food and Drink Federation. L’associazione degli agricoltori ha detto che non possono operare senza i lavoratori stagionali dalla Ue.

La Cbi, la Confindustria britannica, che rappresenta 190mila imprese, ha dichiarato che «l’immigrazione va gestita ma un approccio aperto è essenziale per il business e per far funzionare l’economia, evitando carenze di personale qualificato e non». L’Institute of Directors ha detto di sperare che la posizione finale del Governo sia «molto diversa»da quella delineata nel documento.

La tensione tra Governo e imprese è stata poi esacerbata ieri dalla richiesta di sostegno esplicito a Brexit fatta ai Ceo delle prime cento società quotate alla Borsa di Londra. Downing Street ha chiesto loro di firmare una lettera aperta, da pubblicare entro la settimana, nella quale i capi del Ftse-100 esprimono fiducia che la strategia del Governo su Brexit sarà un successo e dichiarano che «la Gran Bretagna globale ha il potenziale di diventare una delle economie più produttive nel 21esimo secolo».

Un anonimo Ceo, tra i molti che hanno respinto la richiesta, ha dichiarato che «dato lo stato di caos dei negoziati su Brexit, sono incredulo che ci chiedano di firmare una lettera del genere».

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