Adempimenti

L’agenzia delle Entrate chiarisce la tassazione dei proventi derivanti dai carried interest

di Salvatore Servidio

L'agenzia delle Entrate, con la circolare 25/E del 16 ottobre 2017, interviene sulle novità introdotte dall'articolo 60 del Dl 50/2017 relative ai proventi derivanti dalla partecipazione, diretta o indiretta, a società, enti o organismi di investimento collettivo del risparmio, percepiti da dipendenti ed amministratori di tali società, enti od organismi di investimento collettivo di risparmio ovvero di soggetti ad essi legati da un rapporto diretto o indiretto di controllo o gestione, se relativi ad azioni, quote o altri strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati, stabilendo che, al ricorrere di determinati requisiti, tali proventi «si considerano in ogni caso redditi di capitale o redditi diversi».

Si chiarisce innanzitutto che le nuove disposizioni sul carried interest si applicano ai proventi degli strumenti finanziari percepiti a decorrere dalla data di entrata in vigore del Dl 50/2017, ossia dal 24 aprile 2017, anche se relativi a quote o azioni sottoscritte in precedenza. Per i proventi percepiti anteriormente la disciplina non opera ma è legittima la modifica dei piani di investimento già in essere per rientrare nell'ambito applicativo.
La novità normativa introduce una significativa semplificazione per l'interprete prevedendo, a talune condizioni, di qualificare il flusso derivante dalla partecipazione come reddito di capitale o reddito diverso.

Il mancato rispetto delle condizioni comporta la qualificazione del carried interest come reddito lavoro dipendente, secondo l'articolo 51 del Dpr 917/1986 (o reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, in base all’articolo 52 del Tuir), ordinariamente soggetto a Irpef secondo le ordinarie aliquote progressive e a obblighi di ritenuta per il datore di lavoro.

Sotto il profilo soggettivo gli investitori considerati dalla norma sono coloro che intrattengono un rapporto di lavoro dipendente o assimilato con società, enti o società di gestione dei fondi. Il riferimento testuale a "dipendenti" e "amministratori" lascia intendere che sono esclusi dall'ambito di applicazione della norma i professionisti (es. avvocati, dottori commercialisti ecc.) coinvolti nel ruolo di consulenti. Ne consegue che l'eventuale extra-rendimento garantito a questi soggetti non costituisce reddito di capitale ope legis, ed, inoltre, non concorre alla determinazione della percentuale di investimento minimo richiesta dall'articolo 60, comma 1, lettera a), ai manager e dipendenti ai fini della qualificazione del reddito.

Devono ritenersi invece compresi nella disposizione in esame i manager e dipendenti di società di consulenza finanziaria (cosiddette advisory company).

Sotto il profilo oggettivo, i proventi presi in considerazione dall'articolo 60 del Dl 50/2017 sono quelli relativi ad «azioni, quote o strumenti finanziari aventi diritti patrimoniali rafforzati». I diritti patrimoniali rafforzati cui la norma fa riferimento si configurano quale diritto a ricevere una parte dell'utile complessivo generato dall'investimento in misura più che proporzionale all'investimento stesso e ordinariamente presuppongono che la generalità dei soci abbia ottenuto il rimborso del capitale investito oltre ad un rendimento adeguato, definito nella prassi "hurdle rate".

Il maggior rendimento connesso agli strumenti finanziari in esame è denominato "carried interest" - definizione ordinariamente adottata nel settore del private equity e venture capital – e rappresenta una forma di incentivo riconosciuto, al realizzarsi di determinati risultati, ai soggetti maggiormente esposti al rischio derivante dall'investimento. Nel settore del private equity il carried interest, è generalmente attribuito ai manager amministratori e/o dipendenti della società di gestione del risparmio (Sgr) e, talvolta, della società veicolo che effettua l'investimento, coinvolti – quali coinvestitori - nella sottoscrizione di quote, azioni o strumenti finanziari (che incorporano appunto il provento derivante dall'investimento) allo scopo di accomunare nella condivisione del rischio la loro posizione a quella degli altri soci.

La circolare precisa che la presunzione legale di qualificazione del reddito opera esclusivamente in riferimento ai proventi derivanti da strumenti finanziari con diritti patrimoniali rafforzati. Essa non riguarda, invece, il reddito derivante dalla assegnazione degli stessi, ricompreso tra i redditi di lavoro dipendente o assimilato ai sensi dell'articolo 51 del Dpr 917/1986, nella misura pari alla differenza tra il valore di mercato del titolo e il prezzo pagato dal dipendente. Inoltre, per beneficiare della tassazione dei carried interest come reddito di capitale, occorre che l'impegno di investimento complessivo dei manager e dipendenti comporti un esborso effettivo da intendersi come esborso monetario che espone il soggetto al rischio di perdita.

La norma al fine di evidenziare il ruolo di co-investitore assunto dal management, richiede, al comma 1, lettera a), dell'articolo 60, che «l'impegno di investimento complessivo di tutti i dipendenti e gli amministratori…comporti un esborso effettivo pari ad almeno l'1% dell'investimento effettuato dall'organismo di investimento collettivo del risparmio o del patrimonio netto nel caso di società o enti».

Ai fini della verifica del raggiungimento della soglia dell'1%, rileva l'investimento collettivo effettuato da tutti i potenziali beneficiari del regime in oggetto al momento della sottoscrizione dei titoli in sede di aumento di capitale sociale ovvero alla data del loro acquisto. Ciascun manager in tale momento deve considerare se il proprio investimento, unitamente a quelli effettuati dagli altri manager, rappresenti l'1% del valore corrente del patrimonio netto come sopra determinato, ferma restando la condizione dell'esborso effettivo degli importi sottoscritti.

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