Adempimenti

Certezza e semplicità per la formazione

di Paolo Carcassi

La formazione continua assume sempre maggiore centralità nel dibattito sulle risposte da dare alle problematiche produttive, ma anche occupazionali ancora preoccupanti, del nostro Paese. Tuttavia, al di là delle enunciazioni, non si procede a reali interventi che possano consolidarla, renderla più funzionale alle esigenze dei lavoratori e delle imprese, concreto strumento delle politiche attive del lavoro. Il risultato è che il tasso di partecipazione degli adulti alla formazione è ben lontano dal benchmark di Europa 2020, fissato al 15% e, dopo una fase di crescita nel 2014 all’8%, ha registrato nel 2015 un calo al 7,3 per cento.

In questo quadro, non positivo, il sistema dei fondi interprofessionali, strumento bilaterale per il finanziamento della formazione continua, voluto da Cgil-Cisl-Uil e dalle parti datoriali, mostra invece un chiaro segnale di controtendenza, aumentando le imprese aderenti, ormai vicine al milione, e il numero dei lavoratori che supera 10 milioni, come pure la quantità annua di piani formativi e di lavoratori avviati a formazione.

Il contenuto della formazione punta sempre più all’innovazione tecnologica e alla competitività, con attenzione particolare ai nuovi assunti, ai cassintegrati, ai processi di riconversione. In un momento in cui le finanze delle Regioni sono sottoposte a forte stress, la formazione finanziata dai fondi rappresenta il pilastro fondamentale, quasi unico, per la crescita dei lavoratori e di conseguenza della produttività delle imprese. Ci si aspetterebbe, quindi, un impegno di valorizzazione del ruolo dei fondi e di supporto finanziario, normativo e regolamentare per la loro crescita, collegato alle ipotesi di un loro maggiore ruolo nell’ambito delle politiche attive del lavoro. Così purtroppo non è.

L’orizzonte temporale di questa legislatura non consente un’iniziativa legislativa organica che va messa in cantiere per la prossima, ma è possibile rivedere in tempi rapidi il quadro regolamentare, fermo al 2003, quando le risorse derivavano da erogazioni dirette dello Stato.

È necessario, invece di insistere su un sistema pedante e dettagliato all’eccesso, fissare principi cardine validi per tutti, su cui i fondi elaborino regolamenti e procedure, che vanno verificati e validati dall’Anpal, dando così certezza e omogeneità di comportamenti e impedendo fenomeni distorsivi che si sono presentati e si stanno aggravando.

Assistiamo, infatti, a un’immotivata proliferazione dei fondi, arrivati a 19, e a pratiche marcatamente “commerciali”, che rischiano di introdurre elementi di concorrenza impropria, per la discrezionalità nell’assegnazione delle risorse, alterando il sistema dei fondi, particolarmente in relazione alla portabilità delle risorse, ma soprattutto distogliendo la formazione dalla funzione primaria di miglioramento delle competenze dei lavoratori e della competitività delle aziende.

Necessità di certezza e di semplicità delle regole amministrative, con una vigilanza che, più che incentrarsi sui pezzi di carta alla ricerca di errori perlopiù di forma, verifichi la coerenza degli atti e sia volta a migliorare le procedure e i comportamenti dei fondi, che devono mantenere autonomia di gestione, ma nel rispetto del ruolo assegnato e dei principi cardine generali. Tra questi si collocano elementi quali il bilancio per competenza e la definizione di tempi non aleatori per l'utilizzo delle risorse.

Il principio della trasparenza deve essere il cardine di tutti i comportamenti, eliminando commistioni di ruoli. Occorre poi trasparenza nella valutazione dei piani e in tutte le procedure di funzionamento, con l’adozione del modello 231, nella gestione della portabilità con regole omogenee per tutti, per non creare distorsioni, e nei rapporti con le aziende, assicurando loro il monitoraggio costante sull’utilizzo delle somme dei conti individuali.

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