Adempimenti

Marina Calderone: «Occorre semplificare la cassa integrazione»

di Matteo Prioschi

«L’Italia riparte dal lavoro» è il titolo dell’undicesima edizione del Festival del lavoro che si svolgerà domani, con un’anteprima oggi pomeriggio. L’evento, organizzato al Consiglio nazionale dell’Ordine dei consulenti del lavoro, guidato dalla presidente Marina Calderone, e dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, quest’anno si svolgerà interamente online, a differenza del passato, per l’emergenza epidemiologica che rende impossibile gestire le circa 10mila presenze giornaliere che hanno caratterizzato le ultime edizioni.

Presidente Calderone, parlerete di lavoro con quale prospettiva e obiettivo?

Riteniamo opportuno fare una riflessione su ciò che andrà fatto nei prossimi mesi. Abbiamo collocato il Festival in questo momento per una serie di ragioni, tra cui il fatto che siamo alla vigilia della manovra finanziaria, c’è la definizione dei progetti per il Recovery fund e l’epidemia che riprende comporta nuove misure per gestire l’emergenza, che però non possiamo protrarre all’infinito.

Con quali strumenti, per quanto riguarda il lavoro, si dovrebbe affrontare il 2021 e i primi mesi in particolare, che rischiano ancora di essere caratterizzati dall’emergenza?
Possiamo dare per certa la prosecuzione della cassa integrazione emergenziale. A questo proposito, tenuto conto dell’esperienza fatta in questi mesi, soprattutto in quelli del lockdown, sarebbe auspicabile semplificare il sistema e utilizzare un ammortizzatore sociale unico. Soprattutto se ci fosse un nuovo lockdown, che aumenterebbe le richieste in contemporanea.

Il decreto agosto contiene alcuni sgravi contributivi, già si parla di altri in legge di bilancio. È uno strumento utilizzato in modo ricorrente in dosi variabili per durata e percentuale. Lo ritiene utile?

Il costo del lavoro è un tema centrale per tutti i governi. Che in Italia sia troppo alto è un dato di fatto, ma se devo guardare ai numeri della norma che prevede lo sconto contributivo per le aziende che rinunciano alla Cig, non mi sembra che ci siano indicatori i quali ci possano far stare tranquilli sul fatto che una riduzione del cuneo fiscale e contributivo si traduce automaticamente in un aumento di posti di lavoro e in questo momento non ce lo si può nemmeno attendere. Occorre investire in economia reale, fare investimenti che abbiano come destinazione l’impresa e il lavoro autonomo. Le aziende non possono essere incentivate ad assumere se non hanno prospettive di mercato e risorse finanziarie che possano consentire di riprendere l’attività.

Una vostra recente ricerca ha evidenziato le difficoltà del lavoro autonomo, oltre che di quello subordinato. Come si risponde?

Con formazione e riqualificazione. Temiamo che alla fine dell’anno ci sia l’uscita di un numero ingente di persone dalle professioni e abbiamo un’emergenza giovani perché le difficoltà attuali si traducono in una barriera al loro ingresso nel mercato del lavoro. E poi ci sono le basse professionalità che non sono più spendibili. Occorre lavorare sull’occupabilità, che passa attraverso la riqualificazione.

Durante l’emergenza per molti è cambiato il modo di lavorare, anche perché svolto in gran parte da remoto. Con quale eredità?

Occorre definire le strategie facendo tesoro dell’esperienza di questi mesi relativa a strumenti e metodologie di lavoro. Ad esempio lo smart working utilizzato, che è diverso da quello della legge 81/2017, è stato un po’ subito dalle piccole e medie imprese, come necessità e non un’opportunità di cambiare modello. Occorre fare un investimento sulle Pmi, valutare in che modo gestire il lavoro agile, costruire competenze e processi adeguati, ritarare mezzi di produzione e costi, reindirizzarli verso nuove competenze e innovazione.

Il programma dell'11° Festival del lavoro

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