Adempimenti

Competenze certificate, definite le linee guida

di Gianni Bocchieri

Con la pubblicazione del decreto del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali del 5 gennaio 2021 sulla Gazzetta Ufficiale n. 13 del 18 gennaio scorso, si completa il quadro delle norme generali per l'individuazione e la validazione degli apprendimenti e la certificazione delle competenze (Dlgs n. 13/2013).

Oltre ai livelli essenziali delle relative prestazioni, il decreto detta le Linee guida per l'interoperatività degli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze (Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano; ministero dell'Istruzione; ministero dell'Università e della Ricerca; Ministero del lavoro e delle Politiche sociali; ministero dello Sviluppo economico; ecc.), definite come «comprovata capacità di utilizzare, in situazioni di lavoro, di studio o nello sviluppo professionale e personale, un insieme strutturato di conoscenze e di abilità acquisite nei contesti di apprendimento formale, non formale o informale». Sebbene possa sembrare tema da “addetti ai lavori”, si tratta di uno strumento utile per rendere concreto l'esercizio del diritto all'apprendimento permanente in quanto consente di valorizzare tutte le esperienze formative che la persona realizza nel corso della sua vita attiva, in contesti di apprendimento formali, non formali e informali.

Per quelle che non l'hanno ancora fatto, il nuovo dm fissa al 5 gennaio 2023 il termine entro cui le Amministrazioni centrali e regionali dovranno completare la costruzione del loro sistema di certificazione delle competenze. Inoltre, individua le specifiche tecniche anche per l'interoperatività dei diversi sistemi di istruzione e formazione, con standard di processo e di sistema, per il mutuo riconoscimento delle qualificazioni e delle competenze nei diversi contesti regionali.

Per raggiungere questi obiettivi, il decreto adotta un approccio graduale fondato su tre principi fondamentali. Il primo è la cooperazione tra tutte le amministrazioni centrali e regionali coinvolte. Il secondo è la progressività per cui le diverse amministrazioni pubbliche coinvolte implementano le novità in maniera graduale, cercando di valorizzare le esperienze consolidate e gli istituti esistenti, limitando al minimo l'introduzione di elementi di innovazione normativa, tecnica e procedurale. Il terzo è rappresentato dall'approccio sostanziale volto a evitare applicazioni formalistiche della certificazione delle competenze, enfatizzando qualsiasi esperienza che permetta di accrescere le competenze e l'occupabilità degli individui.

Le Linee guida mirano anche alla sistematizzazione delle modalità di messa in trasparenza delle competenze possedute da una persona nelle tre diverse fasi di identificazione, valutazione e attestazione. Sebbene il processo di certificazione delle competenze sia il più noto, il sistema prevede anche la loro individuazione e validazione, che rappresentano il processo al cui termine viene rilasciato un «Documento di validazione» conforme agli standard minimi definiti dallo stesso Dm 5 gennaio 2021. La validazione può poi essere seguita dalla certificazione delle competenze.

In termini pratici, con il sistema nazionale di certificazione delle competenze la persona può contare su una messa in trasparenza di tutte le esperienze di apprendimento realizzate anche al di fuori del sistema educativo e della formazione continua erogata ai lavoratori sulla base delle esigenze del datore di lavoro piuttosto che su quelle delle persone. In questo modo, tutte le competenze acquisite in contesti di studio, di vita, di lavoro e volontariato potrebbero arrivare a rappresentare un credito formativo anche per l'accesso ad altri sistemi, compresi quelli del sistema nazionale di istruzione e formazione. Allo stesso modo, raccordati con il sistema di certificazione, anche i percorsi di politica attiva potranno essere meglio valorizzati nella loro finalizzazione alla ricollocazione.

L'effettiva utilità pratica di questo sistema dipenderà dal riconoscimento della sua valenza da parte di studenti, disoccupati, lavoratori e datori di lavoro, nella sua applicazione allo stesso sistema di istruzione e formazione ancora caratterizzato da eccessivo formalismo, nelle sempre più frequenti transizioni lavorative e nei processi di ricostruzione delle carriere professionali.

Dopo quanto definito dal decreto, il tassello mancante resta ancora la costruzione del fascicolo elettronico del lavoratore (Dlgs 150/2015) quale evoluzione del libretto formativo (Dlgs 276/2003), che dovrà registrare la storia di ciascun lavoratore dai percorsi educativi e formativi a quelli lavorativi, dalla fruizione di provvidenze pubbliche ai versamenti contributivi ai fini della fruizione di ammortizzatori sociali.

Il decreto 5 gennaio 2021 del ministero del Lavoro

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