Adempimenti

In dirittura d’arrivo anche il decreto sulle attività diverse degli Ets

di Carlo Mazzini

Alla vigilia dell’ormai imminente avvio del Registro unico nazionale del Terzo settore, gli enti che per primi accederanno al Runts auspicano l’imminente pubblicazione del decreto ministeriale relativo alle attività diverse.
L’articolo 6 del Codice del terzo settore, infatti, consente agli Ets l’esercizio di attività diverse, che, differenziandosi dalle attività di interesse generale per il fatto che non sono predefinite per legge, e per natura e oggetto non rientrano quindi in uno dei 25 ambiti di attività dell’articolo 5.
Per poter esercitare le attività diverse si deve però attendere l’uscita di un decreto che detterà i criteri e i limiti per il loro svolgimento in via secondaria e strumentale rispetto a quelle di interesse generale. La bozza del decreto ha seguito un iter particolarmente travagliato e, dopo aver incassato il parere favorevole della Cabina di regia e del Consiglio nazionale del terzo settore, ha subito un arresto nel gennaio 2020 a causa di un parere interlocutorio del Consiglio di Stato.
A fine ottobre del 2020 i giudici di Palazzo Spada, dopo aver ricevuto chiarimenti dai ministeri interessati (Lavoro ed Economia), hanno espresso parere favorevole al decreto, segnalando solo poche osservazioni di forma.
Mancano pertanto soltanto le firme dei due ministri e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale, dopo di che le attività diverse diventeranno una realtà tutta da scoprire per gli enti del Terzo settore.

L’interesse delle attività diverse per gli Ets

L’interesse delle organizzazioni risiede in due caratteristiche di questa classe di attività.La prima è di natura qualitativa, nel senso che esse si differenziano notevolmente dalle attività connesse delle Onlus. Per più di 20 anni, l’agenzia delle Entrate ne ha limitato l’esercizio, interpretando in modo molto restrittivo l’articolo 10, comma 6, del Dlgs 460/1997 che le le definiva «accessorie per natura a quelle statutarie istituzionali, in quanto integrative delle stesse». Nella circolare 168/98, l’amministrazione finanziaria riportava esempi di attività connesse non particolarmente promettenti per le Onlus (vendita di depliant nei musei, ad esempio).Le attività diverse, invece, non avranno quale limite qualitativo questo legame di accessorietà per natura e ciò consentirà agli Ets di spaziare in un campo ben più ampio di esercizio di attività.La seconda caratteristica è rappresentata dai due limiti quantitativi, alternativi tra loro. Uno fa riferimento al 30% (di entrate da attività diverse) rispetto alle entrate complessive dell’ente. Il secondo limite, a nostro avviso più interessante, riprende il termine quantitativo a suo tempo definito per le attività connesse delle Onlus e che fissa il tetto di entrate da attività diverse al 66% dei costi complessivi dell’ente.Nei costi complessivi andranno tra gli altri considerati anche i costi figurativi dell’impiego dei volontari, e le erogazioni in denaro, in beni e in servizi che l’ente stesso opererà a favore dei propri beneficiari.Le attività diverse pertanto confermano l’impianto innovativo del Codice del Terzo settore, che separa nettamente il concetto di assenza di scopo di lucro dall’esercizio eventuale di attività commerciale.Sarà infine da definire la possibilità per i primi Ets iscritti al Runts di esercitare attività diverse anche in assenza della fiscalità prevista dal Codice, che come noto deve essere sottoposta al vaglio della Commissione europea. Data la natura certamente commerciale di questo tipo di attività, si ritiene possa essere applicabile a tutta l’attività commerciale (inclusa quella relativa alle attività di interesse generale) il regime “tradizionale” da Tuir (articolo 143 e successivi) operante per gli enti non commerciali.

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