Adempimenti

Protocolli anti-Covid in azienda, il rischio biologico è generico

di Serenella Corbetta e Mariano Delle Cave

Il dibattito sull’obbligo vaccinale negli ambienti di lavoro, per quanto complesso, non può, né deve fare a meno di un inquadramento del rischio epidemiologico, prima ancora di concentrarsi sui poteri organizzativi e disciplinari del datore. Il protocollo del 6 aprile scorso espressamente conferma che il Covid-19 rappresenta un rischio biologico generico, per il quale occorre adottare misure uguali per tutta la popolazione.

Il rischio biologico generico è quello presente in tutti gli ambienti di lavoro e nella popolazione, che si differenzia da quello specifico, il quale è invece proprio della mansione che comporta necessariamente un contatto con agenti biologici. Conseguentemente, in base alle prescrizioni del Dlgs n. 81/2008 e alle disposizioni del protocollo, gli obblighi datoriali in relazione al rischio contagio da Covid-19 sono quelli di adottare misure contenitive per ridurre le occasioni di contatto sociale in relazione alle caratteristiche intrinseche dell’attività lavorativa e della mansione. Le misure devono essere graduali e adeguate, per garantire adeguati livelli di tutela della salute e sicurezza di tutti i lavoratori, in relazione ai parametri di esposizione, aggregazione e prossimità.

Il protocollo specifica, essenzialmente, misure di distanziamento, da attuarsi nell’ambiente di lavoro ed extra-lavorativo, incentivando l’attività da remoto. Al di fuori degli ambienti cosiddetti sanitari (la cui definizione, peraltro, non è di agevole individuazione), le attività lavorative, in relazione al Covid-19, non sono ritenute tali da comportare per loro natura un rischio di esposizione biologica. In linea generale, potremmo dire che le attività lavorative che non prevedono un contatto diretto-indiretto con persona positiva non siano attività, ai sensi del testo unico sicurezza, qualificabili come da esposizione da agente biologico. Difatti, i protocolli Covid del 6 aprile non sottopongono tout court tutti i lavoratori a sorveglianza sanitaria, né tanto meno obbligano le aziende a nominare un medico competente con la pandemia, ma prescrivono solo come la sorveglianza debba essere svolta per attività per cui essa è già prevista.

Invece le mansioni che, secondo la valutazione del rischio, intrinsecamente comportano un maggiore rischio di contatto con il virus, dovranno essere messe in sicurezza non solo secondo il protocollo del 6 aprile, ma con tutte le altre cautele del Dlgs n. 81/2008.

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