Adempimenti

Fondirigenti: alleggerire i fondi dalla burocrazia e dai prelievi forzosi

di Giorgio Pogliotti e Claudio Tucci

Circa il 50% dei posti di lavoro in Italia potrebbe essere, in tutto o in parte, automatizzato, e quindi subirà cambiamenti. In paesi non manifatturieri, come il Regno Unito, ad esempio, oltre il 60% delle aziende ha adottato nuove tecnologie digitali e pratiche di gestione. Un terzo ha investito in nuove capacità digitali. Quando è stato chiesto loro quali fossero i principali ostacoli, la preparazione della forza lavoro è arrivata terza dopo l’incertezza macroeconomica e i vincoli finanziari. In Italia la situazione è anche peggio, con il 38% degli adulti con competenze basse (dietro di noi solo Turchia e Cile, secondo i dati più aggiornati dell’Ocse); e solo una persona su cinque tra i 15 e i 64 anni di età partecipa ad attività formative.

Eppure, dalla legge 388 del 2000, grazie all’arrivo dei fondi interprofessionali, la situazione è migliorata: negli ultimi 10 anni le persone in formazione sono cresciute del 130%, e l’offerta formativa da parte delle aziende ha segnato un significativo +90%.

Parte da questi numeri il presidente di Fondirigenti, Carlo Poledrini, per dire come oggi, anche alla luce dei forti investimenti (circa 30 miliardi di euro complessivi sul capitolo Education in arrivo con il Pnrr) i fondi interprofessionali possono, e debbono, dire la propria e fare la differenza: «I macro trend attuali, come la digitalizzazione e la sostenibilità, uniti alle esigenze di rinnovare i modelli organizzativi per adattarli al mondo post-pandemico - spiega Poledrini - fanno emergere con maggiore urgenza le esigenze di formazione continua dei lavoratori e del management».

Il trend in crescita è certificato dagli ultimi dati. Il principale fondo di formazione continua dirigenziale, 14mila aziende e 80mila manager aderenti, ha approvato finanziamenti totali per 32,2 milioni di euro tra il 2020 e il primo trimestre 2021. Ed è appena partito un nuovo bando da 6 milioni su open management, sostenibilità, lavoro agile e organizzazione. Insomma, la congiuntura «è particolarmente feconda per poter valorizzare le positive esperienze sperimentate in questi anni dai fondi e metterle al servizio di un interesse pubblico, quello della formazione, a cui per vocazione i fondi - espressione dei sistemi associativi - sono chiamati», dichiara Poledrini.

In questo contesto, però, i fondi interprofessionali, che sono pur sempre organizzazioni private, ci arrivano con un quadro regolatorio complesso, frutto di una graduale e progressiva ingerenza dello Stato.

Domenica 6 giugno, Fondirigenti al festival dell’Economia di Trento, lancerà l’allarme proponendo subito una cabina di regia in seno alla conferenza stato regioni per spingere al meglio la formazione. I fondi interprofessionali sono soggetti da anni al prelievo forzoso sulle già esigue risorse 0,30 destinate volontariamente dalle aziende ai fondi che, nel caso di Fondirigenti, ricorda la dg Costanza Patti «riduce di circa un terzo la capacità di supportare la domanda di formazione». Ma c’è di più. «L’intervento dell’Anac, che ha equiparato i fondi alle amministrazioni pubbliche, rende ogni procedura più lenta e macchinosa - prosegue Patti - aumentando il peso dei costi della burocrazia». Per non parlare dell’assetto della governance, con Anpal che svolge più funzioni di controllo (formale) che, come invece dovrebbe, di stakeholder avveduto. Il tutto in un quadro di relazioni “in progress” con il ministero del Lavoro e con le consuete difficoltà di raccordo con le regioni che, a titolo V della costituzione invariato, mantengono specifiche competenze (autonomia programmatica e di spesa) in materia di formazione continua.

In sintesi, «Fondirigenti è pronta a mettersi in gioco - conclude Poledrini -. Ma dobbiamo essere liberati da “lacci e lacciuoli”, e resi più autonomi. E autonomia non significa discrezionalità. Va detto con chiarezza: la vera innovazione è fatta dalle competenze manageriali, non dalla burocrazia».

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